Se l’universo è pieno di stelle, la luce di tutte quelle stelle dovrebbe rendere il cielo notturno luminoso. Eppure anche quello fotografato di giorno dagli astronauti sulla Luna era nero. Cerchiamo di capire il perché.

Come è possibile che il cielo notturno appaia buio nonostante l’infinità di stelle presenti nell’universo? Questa la domanda che si pose l’astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers nel 1826. Se la vostra risposta è “perché non c’è il Sole”, siete sulla cattiva strada. Come dimostrato anche dalle foto scattate dagli astronauti sulla Luna, il cielo appare nero anche di giorno e questo succede pure per chi si trova sulla Stazione Spaziale Internazionale. Cerchiamo di rispondere a questa domanda facendo un piccolo ragionamento.

Una foto del cielo notturno. Credit: Kai Pilger (Unsplash)

Il paradosso di Olbers, spiegato

A questa domanda cercarono di rispondere le più brillanti menti della scienza. Da Keplero, a Bentley, fino ad Halley e, appunto, Olbers. Partivano da un presupposto: “Se l’universo è infinito e pieno di stelle, la loro luce, sommandosi, dovrebbe illuminare tantissimo il cielo notturno. Eppure la nostra quotidianità ci dice ben altro”. Questo enunciato passò alla storia come paradosso di Olbers, ma ci vollero cento anni prima che scienziati del calibro di Einstein ed Hubble stravolsero il modo di concepire l’universo.

Edwin Hubble fu il primo a capire che l’universo si espande e che aveva avuto origine da quello che noi chiamiamo Big Bang. A questo Einstein aggiunse la sua teoria della relatività, constatando che non solo l’universo ha circa 15 miliardi di anni, ma che le stelle sono in continua formazione e che la loro luce ci arriva ad una certa velocità, che non è infinita.

Esistono quindi moltissime stelle che ancora non abbiamo visto poiché la loro luce non ci è ancora arrivata. Che non possono, quindi, rendere luminoso il cielo di notte.

L’espansione dell’universo e l’effetto redshift

Con il passare degli anni si arrivò a capire che non solo le galassie e le stelle si allontanano le une dalle altre, ma che con la lunghezza d’onda della luce avviene lo stesso effetto che si verifica col suono quando passa un’ambulanza e sentiamo la sua sirena acuta quando è vicina, sempre più grave mano a mano che si allontana. È il cosiddetto effetto doppler, di cui vi abbiamo parlato anche in un precedente articolo.

Per la luce l’effetto è quello dello spostamento verso il rosso, chiamato redshift. In pratica, man mano che la luce si allontana, ci risulta sempre meno visibile, al punto da sconfinare nell’infrarosso, invisibile all’occhio umano. Non vediamo un cielo illuminato di notte perché semplicemente non possiamo vedere tutte le stelle che lo compongono. Siamo in grado di osservarne solo una piccolissima parte.

Dipende solo dalla nostra atmosfera se abbiamo un cielo azzurro durante il giorno.

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