Dagli indizi chimici all’ “eco” del Big Bang: ecco come gli astronomi ricostruiscono le ere cosmiche passate

Dalla seconda metà del secolo scorso, la teoria del Big Bang è la teoria piu’ solida riguardo l’evoluzione del nostro universo in espansione da ormai 13,7miliardi di anni, partendo da condizini estreme dove probabilmente l’applicabilita’ delle leggi della fisica a noi piu’ familiari non e’ affatto garantita. Tale teoria e’ in grado di fare delle previsioni, esplicitare delle conseguenze dirette, che la rendono quindi in una certa misura verificabile. Un esempio e’ la teoria della Nucleosintesi del Big Bang (nota in inglese come “Big Bang Nucleosynthesis”, o semplicemente “BBN”), che descrive la produzione degli elementi piu’ leggeri nell’universo giovane e caldo (il periodo reso celebre come “i primi tre minuti” dal grande S. Weinberg, anche titolo di un suo bellissimo libro sull’argomento), consistente con lo stato primordiale previsto dal Big Bang. La teoria BBN collega i parametri cosmologici e le reazioni nucleari tra i vari isotopi degli elementi piu` leggeri in natura (idrogeno, elio, litio e berillio), formulando cosi delle previsioni. Queste possono essere cosi’ confrontate con osservazioni accurate delle abbondanze di questi elementi, in galassie e quasars lontani nello spazio e quindi anche nel tempo (come conseguenza della velocita`di propagazione finita della luce), fino ai tempi in cui il contributo della nucleosintesi stellare era ancora relativamente marginale, riscontrando un accordo notevole.

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Il fondo cosmico nelle microonde osservato dal satellite “Planck”. Credits:
ESA and the Planck Collaboration

La scoperta del fondo cosmico nelle microonde: l’ “eco” del Big Bang!

Nel 1949, i cosmologi Ralph Alpher and Robert Herman predissero una radiazione cosmica di fondo, come diretta conseguenza dell’espansione del cosmo descritta dal Big Bang. E tale predizione venne di fatto confermata qualche anno piu` tardi, quando la teoria del Big Bang fu potenziata attraverso la scoperta del “fondo cosmico nelle microonde” (“Cosmic Microwave Background”, o anche “CMB”, nell’immagine) nel 1965, come una debole emissione nelle microonde proveniente da ogni direzione, tipica di un corpo alla temperatura di 2.7 Kelvin (2.7 gradi sopra lo zero assoluto), una reliquia del tempo in cui il l’universo divenne trasparente alla luce “appena” 380 mila anni dopo il Big Bang, quando si formarono i primi atomi. La CMB può essere considerata oggi come una mappa dell’Universo primordiale. I risultati stanno inoltre aumentando in quantita` e precisione attraverso le recenti missioni satellitari come WMAP o Planck.

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Il satellite PLANCK. Credit: ESA

Cosa abbiamo imparato dalla CMB?

Sappiamo oggi che le fluttuazioni della CMB sono interpretabili come i “semi iniziali” per la formazione di galassie e altre strutture globali nel nostro Universo, ipotesi la cui consistenza e` stata dimostrata anche da grandi simulazioni numeriche della storia del cosmo, come la celebre “Illustris Simulation“. Inoltre, sempre dallo studio della CMB, la collaborazione internazionale “EDGES” ha recentemente osservato l’era in cui si formarono le prime stelle, appena 180 milioni di anni dopo il Big Bang. Ma questa e` un’altra storia, di cui parleremo piu` in dettaglio prossimamente.

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Riferimenti:

  • Buchhave et al.; Nature, Volume 486, Issue 7403, pp. 375-377 (2012).
  • Vogelsberger et al.; Nature, Volume 509, Issue 7499, pp. 177-182 (2014).
  • IMMAGINE: ESA – Planck CMB