Dopo il successo della missione DART, gli scienziati stanno cercando di ottenere più informazioni possibili sulle dinamiche dell’impatto. L’ultima foto ottenuta dal telescopio Hubble rivela 37 massi distaccati dalla superficie dopo lo schianto.

Il 26 settembre scorso la NASA tentava un’impresa mai compiuta prima: modificare intenzionalmente l’orbita di un asteroide. Questa folle missione non era tuttavia un qualche tipo di risposta ad una minaccia incombente contro la Terra. Si trattava infatti solo di un test, il primo in assoluto di difesa planetaria. L’asteroide in questione era Dimorphos, che orbita attorno al suo fratello maggiore Didymos senza dare alcun tipo di fastidio al nostro Pianeta. Il test è stato un successo, come dimostrano le straordinarie immagini riprese dalla sonda DART, che a circa 22.500 km/h ha impattato Dimorphos deviandone leggermente l’orbita.

L’ultima immagine completa dell’asteroide Dimorphos visto dalla sonda DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA due secondi prima dell’impatto. Crediti: NASA, APL

Ora, la straordinaria sensibilità del telescopio spaziale Hubble ha permesso di immortalare 37 massi che si sono distaccati dall’asteroide a seguito dell’impatto con la sonda. Si tratta probabilmente degli oggetti più deboli mai fotografati nel Sistema Solare: i massi in questione hanno infatti dimensioni che vanno tra 1 e 6,7 metri di diametro, stando ai dati ottenuti da Hubble. Questi massi si stanno allontanando da Dimorphos alla velocità di circa 1 km/h e hanno una massa totale dello 0.1% della massa dell’asteroide.

L’immagine ottenuta dal telescopio spaziale Hubble: si nota l’asteroide Dimorphos circondato dai 37 massi (evidenziati in cerchio) distaccati dopo l’impatto. Crediti: NASA, ESA, David Jewitt (UCLA); Alyssa Pagan (STScI)

Gli scienziati pensano che questi sassi spaziali non si siano originati al momento dell’impatto, ma che fossero già presenti sull’asteroide in precedenza, e la sonda DART abbia solo contribuito a spargerli nello spazio. L’indizio principale di questa ipotesi sono le ultime immagini scattate proprio dalla sonda, poco prima dello schianto, che mostrano come l’asteroide fosse già coperto da numerosi massi di dimensioni compatibili a quelle fotografate da Hubble. Secondo i modelli di formazione, Dimorphos sarebbe infatti un cumulo di macerie spaziali tenute insieme da una debole forza di gravità.

Non è ancora chiaro come i massi si siano sollevati dalla superficie dell’asteroide. Potrebbero far parte di un pennacchio già fotografato da Hubble e da altri osservatori, oppure un’onda sismica proveniente dall’impatto potrebbe aver attraversato l’asteroide facendo staccare le macerie in superficie.

Nell’attesa che la sonda europea Hera arrivi sul luogo nel 2026 per studiare in dettaglio gli effetti dell’impatto, i team di DART e del mini satellite italiano LICIACube (Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids) hanno anche analizzato i massi rilevati nelle immagini scattate dalla fotocamera LUKE (LICIACube Unit Key Explorer) di LICIACube nei minuti immediatamente successivi all’impatto cinetico di DART.

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