La risposta ci porta in un affascinante viaggio attraverso la fisica della luce, la natura del colore e il comportamento della materia a temperature estreme.
La percezione del colore è un fenomeno complesso che coinvolge la fisica della luce, la fisiologia dell’occhio umano e l’elaborazione cerebrale. Ciò che chiamiamo luce è in realtà solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico, quella che i nostri occhi sono in grado di percepire. La radiazione elettromagnetica può essere immaginata come un’onda composta da campi elettrici e magnetici che oscillano in sincronia mentre si propagano nello spazio. L’energia trasportata da questa radiazione è direttamente proporzionale alla frequenza di queste oscillazioni.
Ma come si relaziona il colore alla temperatura di un oggetto? E qual è il colore di un oggetto la cui temperatura tende all’infinito? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima introdurre un concetto fondamentale della fisica: il corpo nero.
Un corpo nero è un oggetto ideale capace di assorbire tutta la radiazione elettromagnetica che lo colpisce, indipendentemente dalla sua frequenza. Il nome “corpo nero” deriva proprio da questa caratteristica: a temperature sufficientemente basse, un tale oggetto apparirebbe perfettamente nero poiché non rifletterebbe alcuna luce.
Tuttavia, la storia non finisce qui. Un corpo nero, se riscaldato a temperature sufficientemente alte, inizia a emettere luce. L’intensità e la distribuzione spettrale di questa luce emessa dipendono esclusivamente dalla temperatura del corpo, non dalla sua forma o dal materiale di cui è composto.
La distribuzione spettrale dell’emissione di un corpo nero è descritta dalla celebre legge di Planck. Questa legge ci dice che un corpo nero emette radiazione su tutto lo spettro elettromagnetico, ma con intensità variabili a seconda della frequenza. Esiste sempre una frequenza specifica, detta “frequenza di picco”, alla quale l’emissione è massima.

La legge di Wien, che approssima la legge di Planck per alte frequenze, ci fornisce una relazione diretta tra la temperatura del corpo nero e la frequenza di picco della radiazione emessa. In particolare, la frequenza di picco aumenta all’aumentare della temperatura del corpo nero.
Per le basse frequenze, invece, la legge di Planck è approssimata dalla legge di Rayleigh-Jeans, che descrive la “coda destra” della distribuzione di Planck.
Per comprendere meglio questi concetti, consideriamo un oggetto familiare: un pezzo di ferro. A temperatura ambiente, illuminato dalla luce solare, il ferro appare solido, argenteo e luccicante. Questo colore è il risultato della luce solare riflessa dalla superficie del metallo, non di una luce emessa dal ferro stesso.
Ma cosa succede quando riscaldiamo il ferro? A temperature relativamente basse, il ferro non emette luce visibile: il picco di emissione si trova nello spettro infrarosso, invisibile all’occhio umano. Aumentando la temperatura, il picco si sposta verso frequenze più alte, entrando nello spettro visibile.
È a questo punto che il ferro inizia a “brillare” di luce propria, cambiando colore man mano che la temperatura aumenta. Dapprima diventa rosso, poi arancione e infine raggiunge un bianco-giallo abbagliante. Questo comportamento rispecchia approssimativamente quello di un corpo nero.

Cosa accadrebbe se continuassimo ad aumentare la temperatura, spingendola verso valori sempre più alti? Man mano che la temperatura cresce, la frequenza di picco dell’emissione si sposta sempre più verso il violetto e oltre, entrando nello spettro ultravioletto.
A questo punto, la radiazione dominante diventa nuovamente invisibile all’occhio umano. L’intensità del colore percepito diminuisce gradualmente, ma non scompare del tutto. Infatti, anche se il picco di emissione non corrisponde più ad alcun colore visibile, la distribuzione di Planck non si annulla completamente nelle frequenze dello spettro visibile.
A temperature estremamente elevate, il corpo nero manterrebbe un colore specifico, anche se sempre più sbiadito. Questo colore, risultato della pesatura della legge di Rayleigh-Jeans sulla risposta dei fotorecettori umani, è stato stimato essere una tonalità chiamata “perano”, un azzurro molto chiaro.

È interessante notare come questo risultato sfidi la nostra intuizione comune sui colori “caldi” e “freddi”. Nel linguaggio quotidiano, tendiamo a associare colori come il rosso e l’arancione al caldo, e colori come il blu e il verde al freddo. Paradossalmente, dal punto di vista della fisica, i colori “più caldi” sono in realtà quelli che percepiamo come “freddi”.
Questo viaggio attraverso il comportamento della luce e del colore a temperature estreme ci offre una prospettiva affascinante sulla natura della materia e dell’energia. Ci ricorda che la nostra percezione del mondo è limitata e che la realtà fisica spesso sfida le nostre intuizioni quotidiane.
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