Qualcuno, la solita stampa spara-titoli ed approssimativa, lo ha definito un fallimento: la realtà è ben diversa. Ecco l’analisi del terzo volo di Starship di SpaceX

Secondo la notazione anglosassone della data, ieri, 3/14 era il Pi-Greco Day.  Voluta o no la coincidenza è stata didascalica per definire l’evento di ieri: Trascendentale. Qualcuno, la solita stampa spara-titoli ed approssimativa, lo ha definito un fallimento. Certo non è stato un successo completo ma abbiamo assistito ad un volo di test che, seppur si sia concluso con la distruzione di entrambi i veicoli interessati, SuperHeavy e Starship (cosa che era comunque previstai), ha marcato tantissime spunte sul ruolino di marcia verso lo sviluppo di questo innovativo sistema di lancio destinato a portare l’Umanità, verso la colonizzazione del Sistema Solare. E, sì, l’aggettivo trascendentale si addice a quello che abbiamo visto, grazie anche all’efficienza della rete satellitare Starlink: immagini mai viste prima d’ora che ci hanno tenuto incollati allo schermo, incantati, per tutta la durata del volo. Ma scendiamo sulla terra ed analizziamo cos’è successo.

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L’attesa del lancio

Complice il maltempo ed il forte vento in quota, l’attesa per il Go/Nogo per il lancio del test IFT-3 era fortissima e tanta è stata l’incertezza dovuta anche alla solita autorizzazione dell’FAA arrivata solo nel tardo pomeriggio del 13/4/2023. Programmato per le 13:00 CET (Central European Time, il fuso orario di Roma, per capirci), il lancio è slittato alle 14:25 a causa delle inizialmente proibitive condizioni meteo. Quello che preoccupava era il vento in quota, superiore ai 25 Kts (50 Km/h), che avrebbe potuto rendere problematiche le prime fasi del volo. Ma, con le prime luci dell’alba su Boca Chica, un rassicurante vento a 15 Kts ha definitivamente dato il via alle operazioni di lancio.

Il lancio, spettacolare, di Starship. Sono le 14:25 italiane. Credito: SpaceX

Le spettacolari immagini del lancio

Se c’è una cosa che ha rappresentato il segno indelebile di questo Test, è stata la spettacolarità delle immagini mostrate nella diretta su X. Apro una piccola parentesi per dire che, al suo secondo test importante, il social erede di Twitter ha dimostrato che gli investimenti di Elon Musk in questo strumento sono stati soldi ben spesi. Più di tre milioni di contatti sulla piattaforma che ha continuamente mostrato immagini di altissima qualità senza interruzioni. A T0 l’accensione simultanea dei 33 motori Raptor ha lasciato qualche frazione di secondo il complesso alto più di 90 metri costituito dal primo stadio SuperHeavy e dalla Starship  immobile sulla piattaforma di lancio. Chi come noi era a seguire la diretta, ha particolarmente apprezzato il possente rombo e le immagini drammaticamente spettacolari che, in alcune inquadrature, ci hanno ricordato i lanci dei Saturn-V.

Schema del volo del Test IFT-3. Credito: SpaceX

Il piano di volo

In questo Test erano stati stabiliti alcuni Capisaldi: Innanzitutto un rivisto sistema di Hot-Staging volto a garantire il distacco in sicurezza del primo stadio che, una volta allontanatosi dalla Starship, doveva effettuare la sua manovra di ribaltamento per inserirsi in una traiettoria di discesa controllata verso il luogo designato come obiettivo: la superficie del Golfo del Messico. Non era previsto il suo recupero ma la simulazione della manovra di hovering, cioè lo stazionamento in verticale a pelo d’acqua, in previsione della manovra di recupero definitiva per mezzo delle pinze, dette Chopsticks presenti sulla torre di lancio a Boca Chica. In secondo luogo, il volo di Starship sarebbe continuato fino ad un’altitudine di circa 200 Km raggiungendo la velocità orbitale, che sappiamo essere di circa 27.000 Km/h ma senza completare l’orbita.

Una volta nello spazio, Starship avrebbe aperto il portellone del vano di carico simulando il dispiegamento del carico utile e, prima di effettuare l’accensione per il rientro, avrebbe effettuato il passaggio di carburante tra serbatoi. Questa manovra era particolarmente attesa perché una delle procedure chiave per l’impiego del sistema di lancio per i voli verso la Luna ed oltre dove sarà necessario rifornire in orbita il veicolo destinato a lasciare la Terra. In ultimo, una volta effettuata la riaccensione nel vuoto di un motore Raptor, manovra mai tentata prima, Starship sarebbe rientrata nell’atmosfera dalla velocità orbitale mettendo alla prova il sistema di rivestimento protettivo a piastrelle. Infine, avrebbe concluso il suo volo posandosi, si fa per dire, alla bella velocità di 80 m/s (circa 288 Km/h) nelle acque dell’Oceano Indiano.

Com’è andata

I 33 motori Raptor del primo stadio, come già avvenuto anche nel secondo test, hanno funzionato senza problemi fino al distacco, avvenuto tre minuti dopo il lancio quando il sistema di lancio aveva raggiunto gli 80 Km di altitudine. Le modifiche al sistema di Hot Staging hanno funzionato benissimo: la separazione e la successiva accensione della Starship non hanno interferito con il rientro del SuperHeavy che ha potuto effettuare le sue manovre di assetto per la discesa controllata. A questo punto, mentre il volo della Starship proseguiva regolarmente verso l’altitudine stabilita, durante la discesa del primo stadio, seguita dalle riprese delle camere di bordo che ci hanno mostrato ogni singolo istante in HD, si è verificata la mancata accensione di due dei tre motori Raptor che avrebbero dovuto frenare SuperHeavy nel tratto finale. Come si vede anche dalle immagini della diretta, all’altitudine zero, il primo stadio era ancora a velocità supersonica (1.111 Km/h). L’impatto con le acque dell’Atlantico è stato distruttivo.

L’impatto con la superficie dell’Oceano Atlantico a 1.111 Km/h.

Raggiunta la velocità orbitale e l’altitudine di circa 200 Km, Starship ha effettuato le manovre previste. Ha aperto il portellone del vano di carico con delle spettacolari immagini dall’interno che ci hanno mostrato i vapori dei gas sfuggire verso il vuoto dello spazio ed effettuato l’operazione più attesa: il passaggio di carburante tra i serbatoi di testa della nave spaziale, a quelli di coda. Manovra riuscita perfettamente.

Il momento in cui si apre il vano di carico di Starship. Notare i gas che fuoriescono nel vuoto dello spazio


Purtroppo non è riuscita la prevista accensione del Raptor che avrebbe dovuto frenare Starship facendola rientrare al largo del Madagascar. Il rientro è avvenuto con una traiettoria più lunga che l’ha portata a terminare il volo sull’Oceano Pacifico disintegrandosi all’altitudine di 65 Km alla velocità di circa 26.000 Km/h a causa del danneggiamento di gran parte del rivestimento termico di protezione.

Le immagini trascendentali

Forse ho abusato del termine, lo sò, ma vedere, per la prima volta nella Storia le immagini in diretta ed in alta definizione di un veicolo spaziale mentre si tuffa nell’atmosfera, sono state un’esperienza che andava oltre ogni immaginazione. Grazie al collegamento costante con la rete satellitare Starlink non solo abbiamo avuto spettacolari immagini ad alta risoluzione in diretta per tutto il volo, ma, grazie alla particolare disposizione dell’impianto di trasmissione satellitare sulla Starship, come detto, per la prima volta nella storia si è potuta sfruttare un’area di bonaccia nel turbine dei gas ionizzati, un pò come per l’occhio del ciclone, per trasmettere agli Starlink non solo i dati di telemetria, ma anche delle immagini dell’inferno che avvolgeva la superficie di Starship durante l’attraversamento degli strati alti dell’atmosfera. Questa visione, se pensiamo alla tecnologia che c’è dietro, ha fatto diventare tutto il resto di colpo molto antico.

L’ultima immagine di Starship, avvolta da una nube di gas ionizzato, poco prima della sua distruzione alla velocità di 26.683 Km/h ad un altitudine di 63 Km

Cosa ci portiamo a casa?

In primo luogo la consapevolezza che Starlink è un sistema potente e che, grazie a questo, la sicurezza dei voli spaziali ha compiuto un balzo epocale. Ora sappiamo che possiamo seguire un veicolo nella sua traiettoria di rientro senza soluzione di continuità. Già questo vale l’impresa. In secondo luogo, al netto della perdita (prevista comunque) di primo stadio e Starship, il sistema di lancio superpesante, funziona. Resta da affinare la capacità di recupero dei due componenti. Inoltre si è visto che con Starship si possono lanciare satelliti ed anche rifornire altri veicoli spaziali. Insomma: se volessimo usarlo già da oggi come un sistema a perdere sarebbe costoso ma efficace. C’è da lavorare sul rientro, troppo veloce, del SuperHeavy, ritentare l’accensione del Raptor nel vuoto per consentire a Starship di rientrare a velocità più Umane e, molto importante, rivedere il sistema di incollaggio del rivestimento di protezione termica. Ma, sì, diciamolo, le immagini della diretta di ieri, seguita sui nostri canali per più di tre ore con una punta massima di 1170 persone collegate,  ci hanno mostrato che i progressi ci sono eccome, la strada è ancora lunga, ma tanto davvero si è fatto.

Un’immagine storica: Per la prima volta effettuata una trasmissione nel plasma ionizzato del rientro in atmosfera. La Storia si è compiuta davanti ai nostri occhi. Credito: SpaceX