L’espressione “figli delle stelle” è entrata ormai nel nostro linguaggio comune. Analizziamo cosa effettivamente voglia dire

I modelli che spiegano, a partire da semplici regole fisiche e termodinamiche, l’evoluzione dell’Universo dopo l’istante successivo al Big Bang, sono largamente accettati dalla comunità astronomica, se non altro perché fanno uso di leggi e osservazioni ben provate nel corso degli anni, in diversi ambiti della fisica e dell’astrofisica. Andiamo alla scoperta del significato dell’espressione “siamo figli delle stelle”.

L’Universo primordiale

Nel giovane Universo primordiale in espansione e lento raffreddamento, gli unici elementi presenti erano idrogeno, elio e tracce di litio. Questi ultimi si sono formati nei primi tre minuti, quando i nuclei di idrogeno erano così vicini tra di loro e caldi che, proprio come all’interno delle stelle, si sono fusi attraverso i processi nucleari formando i due elementi più pesanti. Questi tre minuti, esattamente tre, sono stati importantissimi. Se le condizioni adatte alla fusione fossero durate anche solo 10 minuti, l’Universo si sarebbe riempito di elementi pesanti; quasi tutto l’idrogeno sarebbe scomparso e la nascita delle stelle, galassie e la vita stessa sarebbero state impossibili. Dopo questa iniziale fase detta di nucleo sintesi primordiale, il grande mare di materia non avrebbe più subito modificazioni chimiche per centinaia di milioni di anni. A quel tempo, quindi, non esistevano altri elementi della tavola periodica: niente ossigeno, azoto, niente carbonio, alla base di tutte le molecole organiche e della vita come la conosciamo. Ma non c’erano neanche silicio e ferro, elementi fondamentali per creare un pianeta roccioso sul quale potesse poi trovare terreno fertile la vita. L’Universo aveva scelto la semplicità, lasciando ai suoi primi mattoni il compito di inseminare lo spazio di elementi pesanti.

Una rappresentazione dell’evoluzione dell’universo in 13,77 miliardi di anni
Una rappresentazione dell’evoluzione dell’universo in 13,77 miliardi di anni. Credit: NASA / WMAP Science Team

Le prime gigantesche stelle che nacquero da questo incontaminato mare di idrogeno ed elio, prima ancora che si aggregassero in galassie, erano centinaia di volte più massicce del Sole. Nei loro caldissimi nuclei i rapidi processi di fusione cominciarono a generare tutti gli elementi fino al ferro. Come abbiamo appreso dalle pagine precedenti, quando si arriva al ferro i processi di fusione richiedono più energia di quanta ne possono produrre: la stella prima collassa e poi rimbalzando esplode come una supernova. Quello che non è stato detto è che nella breve fase di supernova si producono tutti gli elementi della tavola periodica più pesanti del ferro: rame, zinco, argento, oro, platino, iridio, uranio, e molti altri. Con lo smembramento della stella questi elementi si disperdono nello spazio assieme a quelli già prodotti, tra cui ossigeno, carbonio, azoto, silicio, andando ad arricchire il gas interstellare di nuove specie chimiche.

La popolazione II

La seconda generazione di stelle, chiamata dagli astronomi popolazione II, avrebbe avuto a disposizione già un’apprezzabile quantità di elementi pesanti. Il ciclo di vita delle più massicce avrebbe ripercorso i passi delle progenitrici, generando altre quantità di elementi più pesanti che sarebbero poi stati raccolti da stelle di popolazione successiva, le più giovani, tra cui anche il Sole. In pochi miliardi di anni tutti gli elementi della tavola periodica a esclusione di idrogeno ed elio passarono dal nulla al 2% della composizione chimica dell’Universo, una quantità più che sufficiente per aggregare pianeti e molecole complesse, fino alla nascita della vita. Ogni atomo del nostro corpo, quindi, ad esclusione dell’idrogeno, è stato creato nel nucleo di qualche stella ormai estinta, in chissà quale parte dell’Universo e in quale tempo. Tutti i gioielli d’argento e oro provengono dall’esplosione di milioni di antiche stelle molto più massicce del Sole.

Sole
Il Sole. Credit: NASA/GSFC/SDO

In un’era superiore ai 4,6 miliardi di anni fa questo miscuglio di metalli, idrogeno ed elio si è aggregato di nuovo per formare il Sole, i pianeti e la vita su quel punto azzurro chiamato Terra. Siamo polvere di stelle che a un certo punto ha deciso di aggregarsi e formare esseri in grado di ragionare e capire il meraviglioso meccanismo di questo Universo. Ma è semplicemente un attimo, una lieve perturbazione nella lunga storia del Cosmo. Gli atomi che formano il nostro corpo e danno vita ai pensieri sono solamente un prestito che verrà poi restituito all’Universo, che lo utilizzerà per continuare la sua incredibile avventura.

Per approfondire, vi consigliamo il libro di Daniele Gasparri: Nella mente dell’Universo

Articolo in collaborazione con Daniele Gasparri