Sono stati osservati con il James Webb i primi filamenti di galassie nell’universo primordiale che compongono la rete cosmica.

Le galassie non sono sparse casualmente nell’universo. Si riuniscono non solo in ammassi, ma in vaste strutture filamentose interconnesse con giganteschi vuoti aridi in mezzo. Questa “rete cosmica” è inizialmente tenue ed è diventata più distinta nel tempo man mano che la gravità ha unito la materia. Ora il James Webb ha osservato i primi filamenti della rete cosmica in 10 galassie che esistevano solo 830 milioni di anni dopo il Big Bang. La struttura lunga 3 milioni di anni luce è ancorata da un quasar, una galassia con un buco nero supermassiccio attivo al centro. Il team ritiene che il filamento alla fine si evolverà in un enorme ammasso di galassie, molto simile al noto Coma Cluster nell’universo a noi più vicino.

La scoperta fa parte del progetto ASPIRE (A SPectroscopic survey of biased halos In the Reionization Era), il cui obiettivo principale è studiare gli ambienti cosmici dei primi buchi neri. In totale, il programma osserverà 25 quasar esistiti entro il primo miliardo di anni dopo il big bang, un periodo noto come l’Epoca della Reionizzazione .

Mostri in crescita

James Webb Universo Primordiale
Le galassie riprese dal James Webb (indicate con i cerchi) che formano un filamento nell’universo a 830 milioni di anni dopo il Big Bang. Credit: NASA, ESA, CSA, Feige Wang (Università dell’Arizona) e Joseph DePasquale (STScI)

Un’altra parte dello studio indagherà le proprietà di otto quasar nell’universo giovane. Il team ha confermato che i loro buchi neri centrali, esistiti meno di un miliardo di anni dopo il big bang, hanno una massa compresa tra 600 milioni e 2 miliardi di volte la massa del nostro Sole. Gli astronomi continuano a cercare prove per spiegare come questi buchi neri possano crescere così velocemente.

Per formare questi buchi neri supermassicci in così poco tempo, devono essere soddisfatti due criteri. Innanzitutto la crescita deve iniziare da un buco nero preesistente che è una sorta di “seme”. In secondo luogo, anche se questo seme inizia con una massa equivalente a mille Soli, deve comunque accumulare un milione di volte più materia alla velocità massima possibile per tutta la sua vita.

Grazie alle osservazioni abbiamo appreso che questi buchi neri si trovano in galassie giovani e massicce che forniscono il serbatoio di materiale ideale per la loro crescita. Webb ha anche fornito la migliore prova di come i primi buchi neri supermassicci regolassero potenzialmente la formazione di stelle nelle loro galassie.

Mentre i buchi neri supermassicci accrescono la materia, possono infatti anche alimentare enormi deflussi di materiale. Questi venti possono estendersi ben oltre il buco nero stesso, su scala galattica, e possono avere un impatto significativo sulla formazione delle stelle. I forti venti dei buchi neri possono sopprimere la formazione di stelle nella galassia ospite. Tali venti sono stati osservati nell’universo vicino ma non sono mai stati osservati direttamente nell’Epoca della Reionizzazione. La scala del vento è correlata alla struttura del quasar e nelle osservazioni di Webb, stiamo vedendo che tali venti esistevano nell’universo primordiale.

Questi risultati sono stati pubblicati in due articoli su The Astrophysical Journal Letters il 29 giugno.

Riferimenti: NASA\ESA\CSA