Durante la formazione, il pianeta Giove ha assorbito molti planetesimi rocciosi che spiegano l’attuale presenza di metalli nella sua composizione.

Giove è composto quasi interamente da idrogeno ed elio. Le quantità di ciascun elemento sono strettamente conformi alle quantità teorizzate per la nebulosa primordiale che ha dato origine al nostro sistema solare. Ma contiene anche altri elementi più pesanti, chiamati metalli. Anche se i metalli sono una piccola componente di Giove, la loro presenza e distribuzione possono raccontare molto della sua storia. Secondo un nuovo studio, il contenuto di metalli e la distribuzione di Giove significano che il pianeta ha assorbito molti planetesimi rocciosi nella sua giovinezza.

La sonda Juno. Credits: NASA

La formazione di Giove

Da quando la navicella spaziale Juno della NASA ha raggiunto Giove nel luglio 2016 e ha iniziato a raccogliere dati dettagliati, ha ampliato la nostra comprensione della formazione e dell’evoluzione di Giove. Quando Giove ha iniziato la sua formazione, ha accumulato materiale roccioso. Ad esso è seguito un periodo di rapido accrescimento dei gas della nebulosa solare che, dopo molti milioni di anni, lo ha trasformato in quello che è oggi.

Ma una domanda fondamentale a cui rispondere è: Giove ha accumulato masse di rocce più grandi come i planetesimi oppure materiale delle dimensioni di un ciottolo? A seconda della risposta può cambiare infatti la scala temporale della formazione di Giove.

Un nuovo studio ha cercato di rispondere a questa domanda.
La chiave per la formazione e l’evoluzione di Giove è infatti sepolta nell’atmosfera del pianeta, che è profonda decine di migliaia di chilometri.

È ampiamente accettato che Giove sia il pianeta più antico del Sistema Solare. Ma gli scienziati vogliono sapere quanto tempo ha impiegato per formarsi. Gli autori dell’articolo volevano sondare i metalli nell’atmosfera del pianeta usando lo strumento Gravity Science di Juno. La presenza e la distribuzione dei ciottoli nell’atmosfera del pianeta svolgono un ruolo centrale nella comprensione della formazione di Giove e Gravity Science ha misurato la dispersione dei ciottoli nell’atmosfera. 

I ricercatori hanno scoperto che l’atmosfera di Giove non è così omogenea come si pensava in precedenza. I metalli sono più vicini al centro del pianeta rispetto agli altri strati di un valore tra le 11 e le 30 masse terrestri. E con i dati in mano, il team ha costruito modelli della dinamica interna di Giove.

I ricercatori hanno creato due tipi di modelli di Giove. I modelli a 3 strati contengono regioni più distinte, con un nucleo interno di metalli, una regione media dominata dall’idrogeno metallico e uno strato esterno dominato dall’idrogeno molecolare (H2). Nei modelli con nucleo diluito, i metalli del nucleo interno sono misti nella regione centrale, risultando in un nucleo diluito. Credits: A&A, ESO

Nuovi modelli dell’interno del pianeta

Il team ha creato due serie di modelli del nucleo del pianeta: il primo set è costituito da modelli a 3 strati e il secondo è costituito da modelli di nucleo diluito.

Ci sono due meccanismi che permettono a un gigante gassoso come Giove di acquisire metalli durante la sua formazione: attraverso l’accumulo di piccoli ciottoli oppure di planetesimi più grandi” ha affermato Yamila Miguel, una delle autrici della ricerca. “Sappiamo che una volta che un pianeta diventa abbastanza grande, inizia a espellere materiale roccioso sotto forma di ciottoli. La ricchezza di metalli all’interno di Giove che vediamo ora è impossibile da raggiungere con una tale meccanismo. Quindi possiamo escludere lo scenario che prevede solo ciottoli come materiale acquisito durante la formazione. I planetesimi invece sono troppo grandi per essere espulsi, quindi devono aver avuto un ruolo”.

L’abbondanza di metalli nell’interno di Giove diminuisce con la distanza dal centro.
Ciò significa una mancanza di convezione nell’atmosfera profonda del pianeta, che gli scienziati pensavano fosse presente. 
I risultati implicano che Giove ha continuato ad accumulare elementi pesanti in grandi quantità mentre il suo involucro idrogeno-elio stava crescendo, contrariamente alle previsioni basate sulla massa di isolamento dei ciottoli nella sua versione più semplice, favorendo invece modelli ibridi basati su planetesimi o altri elementi più complessi.

Gli autori concludono anche che Giove non si è mescolato per convezione dopo la sua formazione, anche quando era ancora giovane e molto caldo.

Giove fotografato da Juno. Credit: NASA.

I risultati del team si possono estendere anche allo studio degli esopianeti gassosi e agli sforzi per determinarne la metallicità. I risultati ottenuti con Giove forniscono un esempio di base per gli esopianeti: un involucro non omogeneo implica che la metallicità osservata è un limite inferiore alla metallicità della massa del pianeta. Nel caso di Giove però, non c’era modo di determinarne la metallicità a distanza. Solo grazie a Juno è stato possibile farlo. Pertanto, le metallicità dedotte dalle osservazioni atmosferiche a distanza negli esopianeti potrebbero non rappresentare la maggior parte della metallicità del pianeta.

Quando il James Webb Space Telescope inizierà le operazioni scientifiche, uno dei suoi compiti sarà di misurare le atmosfere degli esopianeti e determinarne la composizione. Ma, come mostrato da questo studio, i dati forniti da Webb potrebbero non riuscire a rilevare ciò che sta accadendo negli strati più profondi dei giganti gassosi.

Riferimenti: Universe Today, Astronomy & Astrophysics

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