Risponde il fisico Luciano Anselmo dell’Istituto di Scienza e Tecnologie di Pisa.
La Stazione Spaziale Internazionale è in procinto di andare in pensione. L’avamposto orbitale è afflitto da crepe, perdite di refrigerante e aria, persino da un odore sorprendente che di recente è arrivato nella stazione da un cargo russo. E la stazione ha di tanto in tanto incontri ravvicinati ad alta velocità con detriti spaziali che rendono la struttura una “residenza” rischiosa. Quindi, c’è una crescente preoccupazione che il complesso invecchiato sia diventato una casa discutibile in cui gli equipaggi possono stare al sicuro e in salute.
Mantenere le operazioni della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) fino al 2030 potrebbe quindi essere un po’ aleatorio, prima del suo “deorbitamento sicuro e controllato” pianificato per il 2031 in un remoto territorio oceanico. E alcune persone stanno iniziando a chiedersi quanto sarà sicuro quel tuffo suicida, poiché potrebbe finire per inquinare l’aria e l’acqua della Terra.
La manovra di Elvis Presley per la Stazione Spaziale Internazionale
L’imminente tuffo mortale potrebbe essere definito come la manovra di Elvis Presley, che farebbe precipitare la Iss nell’atmosfera terrestre. La zona oceanica più probabile in cui far atterrare la ISS in modo controllato si trova nella South Pacific Oceanic Uninhabited Area, una regione attorno al Punto Nemo formalmente nota come “il polo oceanico dell’inaccessibilità”. Questa zona è più lontana dalla terraferma di qualsiasi altro punto della Terra e viene spesso definita il più grande “cimitero di astronavi” del mondo.
Inquinamento oceanico e atmosferico
Dei rischi legati all’inquinamento ha parlato fisico Luciano Anselmo del Laboratorio di Dinamica del Volo Spaziale dell’Istituto di Scienza e Tecnologie di Pisa, a Space.com. “Le preoccupazioni e le lamentele sui detriti scaricati negli oceani dagli oggetti spaziali in rientro hanno in linea di principio molto senso”, ha spiegato Anselmo. “Tuttavia, nella scienza e nella tecnologia, anche gli argomenti quantitativi sono rilevanti e gli oggetti spaziali rientranti contribuiscono in misura molto minore all’inquinamento degli oceani. Dall’inizio dell’era spaziale, la massa rientrata dall’orbita e dispersa sulla terra, negli oceani e nell’atmosfera è nell’ordine di diverse decine di migliaia di tonnellate metriche, meno della massa di una singola corazzata affondata durante la seconda guerra mondiale”.
I rischi legati alla fine della Stazione Spaziale Internazionale
“E persino la ISS, con le sue sole 400 tonnellate circa, sarebbe trascurabile rispetto alla massa di tutte le navi e del carico affondati ogni anno, per non parlare di tutte le altre forme di scarico di rifiuti marini e di inquinamento”, ha aggiunto Anselmo. “In termini quantitativi relativi, i rientri orbitali, tra cui quello della ISS e forse anche i lanci spaziali, non rappresentano ancora una fonte significativa di inquinamento oceanico rispetto ad altre attività antropiche e fenomeni naturali. Tuttavia, questo non si può più dire per l’alta atmosfera, dove l’impatto dei lanci e dei rientri spaziali sta probabilmente diventando significativo e le cui possibili conseguenze non sono ancora state pienamente valutate”, ha concluso lo scienziato.
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