Un nuovo documento presentato dal team scientifico del rover Perseverance descrive in dettaglio come il ciclo idrologico del lago, ora prosciugato, al cratere Jezero sia più complicato di quanto si pensasse inizialmente. I risultati si basano su immagini dettagliate di lunghi e ripidi pendii chiamati scarpate, o “scarpate del delta”, che si sono formate da sedimenti accumulati alla foce di un antico fiume che molto tempo fa alimentava il lago del cratere. Le immagini rivelano che miliardi di anni fa, quando Marte aveva un’atmosfera abbastanza densa da sostenere l’acqua sulla sua superficie, il delta del fiume di Jezero ha subito eventi di inondazione in fase avanzata che hanno trasportato rocce e detriti dagli altopiani ben al di fuori del cratere.

Il team del rover ha pianificato da tempo di visitare il delta a causa del suo potenziale adatto a ospitare segni di antica vita microbica e uno degli obiettivi primari della missione sarà quello di raccogliere campioni che potrebbero essere riportati in futuro sulla Terra dal Mars Sample Return, consentendo agli scienziati di analizzare il materiale con potenti apparecchiature di laboratorio troppo grandi per essere portate su Marte.

Immagine aerea con didascalie del cratere Jezero. Credit: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/USGS
https://mars.nasa.gov/resources/26288/jezero-craters-kodiak-and-scarps/

Kodiak

Al momento in cui sono state scattate le fotografie le scarpate si trovano a nord-ovest del rover a circa 2,2 km di distanza. A sud-ovest del rover, e all’incirca alla stessa distanza, si trova un altro importante affioramento roccioso che il team ha chiamato “Kodiak”. Nell’antichità Kodiak si trovava all’estremità meridionale del delta che all’epoca era una struttura geologica intatta.

Prima dell’arrivo di Perseverance Kodiak era stato ripreso solo dall’orbita e adesso, dalla superficie, le immagini della Mastcam-Z e dell’RMI del rover hanno rivelato per la prima volta la stratigrafia – ovvero l’ordine e la posizione degli strati rocciosi che fornisce informazioni sulla tempistica relativa dei depositi geologici – presenti lungo la parete orientale di Kodiak (per es. una stratificazione inclinata e orizzontale è ciò che un geologo si aspetterebbe di vedere nel delta di un fiume sulla Terra).

Sebbene i risultati sulle analisi di Kodiak siano significative, è la storia raccontata dalle immagini delle scarpate a nord-est che è stata la più grande sorpresa per il team scientifico del rover.

Massi in movimento

Le immagini di quelle scarpate hanno mostrato strati simili a quelli di Kodiak nelle loro metà inferiori. Ma più in alto, su ciascuna delle loro ripide pareti e sulla cima, la Mastcam-Z e l’RMI hanno individuato pietre e massi fino a 1,5 metri di diametro che si trovavano in una posizione inconsueta.

Questi strati indicano che il corso d’acqua lento e tortuoso che alimentava il delta deve essere stato trasformato da successive e improvvise inondazioni in rapido movimento. Si stima che un torrente d’acqua necessario per trasportare quei massi – alcuni per decine di miglia – dovrebbe viaggiare a velocità comprese tra 6 e 30 km/h. E questa scoperta ha avuto un impatto sulla strategia di ricerca del rover.

Si pensa infatti che, all’inizio della sua storia, i livelli del lago Jezero fossero abbastanza alti da superare il bordo orientale del cratere, dove le immagini orbitali hanno mostrato i resti di un canale di deflusso del fiume. E questi nuovi rilevamenti dalla superficie vanno nella stessa direzione di questa ipotesi descrivendo come le dimensioni del lago di Jezero siano fluttuate notevolmente nel tempo: il suo livello dell’acqua è salito e sceso di decine di metri prima che il corpo idrico scomparisse del tutto.

Sebbene non sia noto se queste oscillazioni del livello dell’acqua siano state causate da inondazioni o da cambiamenti ambientali più graduali, il team scientifico ha determinato che si sono verificate più tardi nella storia del delta di Jezero, quando i livelli del lago erano scesi di almeno 100 metri rispetto al suo punto più alto.

Gli scienziati approfondiranno questi aspetti nel prossimo anno, quando il delta sarà il punto di partenza della seconda campagna scientifica del rover.

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