Che cosa provoco’ l’esplosione della Supernova di Keplero? Vediamo insieme come gli astrofisici han tentato di fare luce su questo importante quesito.

8 Ottobre 1604. E’ in questa data che venne scoperta la Supernova di Keplero (anche nota come SN 1604), della quale oggi possiamo ancora ammirare lo splendido residuo, qui di seguito proposto in un’immagine nei raggi X del satellite Chandra. Essa riveste un ruolo particolare nella mente e nel cuore sia di professionisti della ricerca che di semplici appassionati, in quanto fu l’ultima supernova ad essere osservata nella nostra Galassia

La supernova del 1604, osservata da Keplero e da altri astronomi europei, coreani e cinesi, è una delle cinque supernove “storiche” esplose nella nostra Galassia e classificate come appartenenti al tipo Ia (termonucleare). Le altre quattro sono SN 1572 ( anche nota come la supernova di Tycho Brahe), SN 1006, SN 185 (che si suppone abbia creato il residuo RCW 86) e la piu’ recente G1.9+03, avvenuta intorno al 1900 ma non osservata durante l’esplosione a causa dell’estinzione della luce per effetto della polvere ed essendo stata osservabile solo dall’emisfero australe.

supernova keplero
Credit: NASA/CXC/NCSU/S.Reynolds et al.

Lo studio delle supernovae Ia e’ di capitale importanza per una moltitudine di branche dell’astrofisica. Giusto per fare un esempio tra i tanti, si pensi al loro utilizzo come indicatori di distanza per alcune delle galassie piu’ lontane a noi note, che ha portato alla scoperta dell’espansione accelerata dell’universo e al Premio Nobel del 2011. In particolare, la piu’ grande fonte di incertezza che ancora oggi ci preclude una piena comprensione di tali fenomeni e’ la natura esatta del/dei sistema/i stellari da cui hanno origine. Tali supernovae infatti non sono causate dalla morte di stelle molto massicce, bensi’ sono il risultato della distruzione termonucleare di una nana bianca composta da carbonio e ossigeno. Una volta che una stella di massa piccola o intermedia (ovvero con massa iniziale inferiore a circa 8 masse solari) ha lasciato la fase Asymptotic Giant Branch (AGB, la fase evolutiva che segue le fasi di sequenza principale, gigante rossa e ramo orizzontale), il suo inviluppo di idrogeno ed elio viene del tutto espulso dai venti stellari, in certi casi andando a formare una nebulosa planetaria. In questo modo, il nucleo centrale diviene visibile come una nana bianca, la quale potrebbe placidamente raffredarsi e spegnersi su tempi scala di decine di miliardi di anni, a meno che… non sia in compagnia.

Una esplosione, tante possibilita’

Infatti, se la nana bianca si trova in un sistema binario, il suo destino potrebbe essere molto meno tranquillo, anzi… esplosivo! In tal caso, possono verificarsi principalmente tre scenari (ad essere pistini, un po’ di piu’… ma per semplicita’ ci limiamo ai tre piu’ in voga). Iniziamo dai primi due:

1) Se la sua compagna e’ una gigante rossa o una AGB, la nana bianca potrebbe accrescere materia ricca di idrogeno dal suo inviluppo.

2) Se la compagna e` anch’essa una nana bianca, i due oggetti orbiteranno l’uno intorno all’altro emettendo onde-gravitazionali, dissipando quindi via via sempre piu` energia gravitazionale e orbitando sempre piu` vicine, fino a quando le forze mareali smantelleranno la nana bianca meno compatta, il cui materiale verra’ cosi’ catturato dalla primaria tramite la formazione di un disco di accrescimento.

In ambo i casi appena citati, una nana bianca può in tali modi raggiungere la massa limite nota come “massa di Chandrasekhar” (ovvero la massa massima che può essere sostenuta dalla pressione di degenerazione elettronica, che sostiene l’intera struttura di una nana bianca): quando cio` si verifica, la struttura collassa, aumentando in modo repentino densita` e temperature interne e accendendo violentemente il bruciamento nucleare del carbonio al centro della stella, facendola esplodere.

Vi e’ poi una terza possibilita’ simile alla prima, dove pero’ la compagna e’ una nana d’elio. In questo caso, la nana bianca accrescera’ elio, non idrogeno, caso in cui l’esplosione di supernova si puo’ verificare anche ben prima del raggiungimento della massa di Chandrasekhar, non appena uno strato abbastanza massiccio (dell’ordine di un decimo di massa solare) e’ stato accumulato in superficie provocando una sorta di… “detonazione precoce” (lo so a cosa state pensando, zozzi…)

Cosa ha causato l’esplosione di SN 1604?

Ad oggi, non vi e’ ancora pieno consenso nella comunita’ scientifica su quanto ognuno di questi canali contribuisca al numero totale di supernovae Ia che osserviamo nell’universo. Ma nel caso della supernova di Keplero si e’ provato a capirci qualcosa di piu’, cercando di ricostruire l’identita’ del sistema stellare all’origine dell’esplosione attraverso l’analisi chimica e cinetica del gas e delle stelle vicine. In particolare sappiamo una cosa: nonostante gli sforzi e le osservazioni ad alta precisione e sensibilita’ tramite i potenti telescopi del VLT e del telescopio spaziale Hubble, pare non esserci traccia della stella compagna e donatrice “superstite”, cosa che invece ci si dovrebbe aspettare nel caso in cui l’esplosione fosse stata causata dall’accrescimento di materiale da una compagna gigante rossa, e per certe condizioni anche nel caso di una nana d’elio. Infatti, in quel caso almeno la parte piu` interna della stella dovrebbe resitere all’esplosione, e risultare poi visibile come una stella “in fuga” ad alta velocita’ e in forte rotazione per effetto dell’onda d’urto. Al contrario, l’assenza di un superstite sarebbe consistente con l’ipotesi che a generare la supernova di Keplero sia stata la fusione di due nane bianche, caso in cui nessuna traccia della compagna (che viene smanellata del tutto e risucchiata dalla primaria ben prima dell’esplosione) viene lasciata. Anche per questo, tale idea rappresenta ad oggi lo scenario piu’ convincente all’origine di quell’evento cosi’ spettacolare, che domino’ per mesi nei cieli di tutto il mondo allora noto con una luminosita’ apparente pari a circa tre volte quella di Sirio. Uno spettacolo che riempi’ gli occhi allo stesso grande Giovanni Keplero.

Fonti:

Ruiz-Lapuente et al.; ApJ 862:124(13pp), 2018

Shen, K. J., & Schwab, J. 2017, ApJ, 834, 180