L’Universo si sta espandendo e la costante di Hubble ci dice quanto velocemente lo sta facendo. Ma come può essere una costante se l’espansione sta accelerando?

In fisica, alcune delle proprietà più importanti dell’Universo sono costanti. La velocità della luce nel vuoto, l’intensità della forza gravitazionale tra due masse e la costante inerente alla natura quantistica dell’Universo, la costante di Planck. Sono tutti esempi che non cambiano mai, indipendentemente dalle circostanze. È però plausibile che alcune delle cosiddette costanti non lo siano esattamente, ma varino nello spazio o nel tempo, cambiando man mano che anche l’Universo e le sue proprietà si evolvono. Potreste chiedervi: “Se Perlmutter e Riess, nel 1998, scoprirono che l’espansione sta accelerando, come può la costante di Hubble essere una costante?”. Proviamo a rispondere.

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Cosa significa che l’universo si espande

Credit: Robin Dienel/Carnegie Institution for Science

La maggior parte delle persone, quando pensa all’espansione, visualizza un’esplosione: una serie di schegge che si muovono verso l’esterno in tutte le direzioni, tutte provenienti dallo stesso punto di origine, ma a velocità diverse. Ma non non è così che funziona l’Universo. Non esiste un punto di origine per l’espansione cosmica: l’Universo si espande allo stesso modo in tutte le direzioni. Tra l’altro in un’esplosione le particelle che vengono scagliate verso l’esterno più velocemente sono meno numerose, eppure nell’Universo in espansione c’è una maggiore densità di oggetti più lontani e che si allontanano più velocemente.

In cosa consiste la costante di Hubble

Se guardiamo il cielo dalla nostra posizione nell’Universo (posizione intesa come l’insieme delle tre coordinate spaziali e una temporale) vedremo oggetti la cui luce arriva ai nostri occhi proprio adesso, in questo preciso istante. Quella luce avrà al suo interno un’enorme quantità di informazioni. Non solo. In base alla luminosità possiamo determinare quanto è lontano quell’oggetto. In base alla dimensione apparente dell’oggetto, possiamo (indipendentemente dal primo metodo!) determinare quanto è lontano. E poi le lunghezze d’onda: se quella luce si sposta verso lunghezze d’onda maggiori, possiamo determinare quanto velocemente quell’oggetto si sta allontanando da noi. E, sulla base di una serie di proprietà intrinseche misurabili dell’oggetto, possiamo determinare la nostra distanza da quell’oggetto.

Perché è una costante (per noi)

Credit: AG Riess et al., ApJ, 2022

Come si evince dal grafico qui sopra, ogni oggetto che possiamo misurare obbedisce esattamente alla stessa relazione. Tracciate una certa “distanza” sull’asse x e una certa misura di “redshift” (spostamento verso il rosso) sull’asse y, e vedrete che l’equazione segue una linea retta. Se la linea non fosse diritta, ma curvasse verso l’alto, verso il basso o verso qualsiasi altra parte, non avremmo il diritto di chiamarla costante. Eppure, indipendentemente da come effettuiamo le nostre misurazioni, otteniamo sempre una linea retta. Va detto che questa è una costante solo per noi, in questo momento, perché stiamo misurando l’espansione dell’Universo in un singolo momento. A causa della nostra posizione nell’Universo – e ricorda, posizione significa sempre sia “dove sei nello spazio?” e “quando sei in tempo?” — tutto ciò che misuriamo viene misurato proprio adesso: quando la luce proveniente da questi oggetti distanti raggiunge i nostri occhi e quindi i nostri telescopi.

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