È lo spostamento verso il rosso e ce ne sono di tre tipi. Si usa, ad esempio, per misurare la distanza di galassie e stelle molto lontane.

Per capire l’universo è importantissimo avere chiari alcuni concetti, come quello di redshift. Letteralmente significa “spostamento verso il rosso”, ma che vuol dire di preciso? La luce è fatta di onde elettromagnetiche di diverse lunghezze d’onda. Onde più lunghe corrispondono alla luce rossa, onde più corte alla luce violetta e in mezzo ci sono tutti i colori dell’arcobaleno (o per meglio dire, dello spettro). Spostamento verso il rosso significa che la luce aumenta la propria lunghezza d’onda spostandosi verso la parte rossa dello spettro. Quando invece diminuisce la propria lunghezza d’onda, si parla di blueshift, ovvero di spostamento verso il blu.

Una rappresentazione del concetto di redshift. Credit: Wikipedia (CC BY-SA 3.0) https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/

I tre tipi di redshift

Per capire da cosa sia causato il redshift, va detto che ne esistono di tre tipi. Il redshift gravitazionale, quello doppler e quello cosmologico. Partiamo dal primo.

Sappiamo dalla relatività di Einstein che il tempo scorre più lentamente vicino a una massa, ovvero dove il campo gravitazionale è più intenso. Questa dilatazione dei tempi ha effetto anche sulla frequenza di un’onda elettromagnetica. In altre parole, se la luce viene emessa nelle vicinanze del campo gravitazionale, chi la osserva da lontano la vedrà spostarsi verso la parte rossa dello spettro.

Il secondo tipo di redshift è causato dal moto della sorgente che emette la luce. Pensate a quando si avvicina un’ambulanza: il suono è più acuto di quando si allontana. Questo succede perché la lunghezza delle onde sonore diminuisce quando l’ambulanza si avvicina e aumenta quando si allontana. È il famoso effetto doppler e avviene anche per le onde elettromagnetiche. La luce di una stella ci appare più rossa, quando si allontana.

L’ultimo tipo di redshift, quello cosmologico è causato dall’espansione dello spazio. Sappiamo che con il modello del Big Bang la distanza fra qualunque coppia di punti distanti nell’universo cresce con il passare del tempo. Questa espansione dilata anche la lunghezza d’onda della luce, perciò nel tempo che impiega la luce di una galassia ad arrivare fino a noi, l’espansione dello spazio fa aumentare la sua lunghezza d’onda. Quando la riceveremo ci apparirà più rossa. Questo tipo di redshift viene usato, ad esempio, per misurare la distanza di galassie lontane.

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