Pensavamo che l’universo fosse iniziato con una singolarità, ma dopo quasi 100 anni non ne siamo così sicuri. Ecco perché.

Non importa dove o come guardiamo l’universo. Ovunque c’è materia ed energia. Eppure, ci viene naturale presumere che tutto questo provenga da una qualche parte. Che abbia avuto un inizio. Proviamo a rispondere ad una delle domande che da quasi 100 anni appassiona gli scienziati: l’universo è davvero iniziato con il Big Bang?

Un’illustrazione della nostra storia cosmica, dal Big Bang fino ai giorni nostri. Credit: NASA/WMAP.

Cosa sappiamo dell’universo

Oggi sappiamo che l’universo si sta espandendo, sta diventando meno denso e si sta raffreddando. Nonostante la nostra smisurata voglia di sapere cosa ci riservi il futuro, è più facile guardare indietro, piuttosto che avanti. Ma quanto indietro possiamo andare, nella storia dell’universo? Dal punto di vista matematico, fino a dimensioni infinitesimali, con densità e temperature infinite. Sono le cosiddette singolarità, di cui ci occuperemo meglio in un prossimo articolo. L’idea di un inizio singolare per lo spazio, il tempo e l’universo è stata a lungo conosciuta come Big Bang.

Fisicamente, però, quando abbiamo guardato più da vicino, ci siamo resi conto che l’universo raccontava una storia diversa: il Big Bang non è l’inizio dell’universo.

Uno degli innumerevoli test scientifici che riguardano la teoria della relatività di Einstein. Credit: Caltech/MIT)

Da dove arriva il Big Bang

Come la maggior parte delle teorie scientifiche, il Big Bang ha le sue radici sia in ambito teorico che sperimentale e osservatorio. Per quanto riguarda la teoria, Einstein presentò quella della relatività generale nel 1915: si trattava di una nuova teoria della gravità che cercava di rovesciare quella della gravitazione universale di Newton. E sebbene la teoria di Einstein fosse molto più complicata, non passò molto tempo prima che venisse dimostrata.

  1. Nel 1916, Karl Schwarzschild ne dimostrò l’esattezza per una massa puntiforme che descrisse come “un buco nero non rotante”.
  2. Nel 1917, Willem de Sitter la applicò per trovare la soluzione ad un universo vuoto con una costante cosmologica, descrivendo un universo in espansione.
  3. Dal 1916 al 1921, la metrica di Reissner-Nordström, scoperta da quattro ricercatori, descrisse lo spazio-tempo per una massa carica, sfericamente simmetrica.
  4. Nel 1921 Edward Kasner descrisse un universo anisotropo (diverso in ogni direzione) privo di materia e radiazioni.
  5. Nel 1922 Alexander Friedmann trovò la soluzione per un universo isotropo (uguale in tutte le direzioni) e omogeneo (uguale in tutte le posizioni), in cui erano presenti tutti i tipi di energia, comprese materia e radiazione.

Quest’ultimo è interessante per due motivi. Il primo è che ha descritto il nostro universo su scale più grandi, rispetto al passato, dove le cose appaiono simili, mediamente, in tutte le direzioni. Secondo, se risolvessimo le equazioni che lo hanno portato a questa soluzione (le equazioni di Friedmann, appunto) scopriremmo che l’universo da lui descritto non può essere statico, ma deve espandersi e contrarsi.

L’universo si espande

Il lavoro di Friedmann è stato riconosciuto da molti, incluso Einstein, ma non è stato preso particolarmente sul serio fino a quando le osservazioni non hanno iniziato a sostenerlo. Negli anni Dieci, ad esempio, l’astronomo Vesto Slipher scoprì che alcune nebulose si muovevano più velocemente di qualsiasi altro oggetto all’interno della nostra galassia. Non solo, perché la maggior parte di loro si stava allontanando da noi, con nebulose più piccole e deboli che si muovevano ancor più velocemente.

Poi, negli anni Venti, Edwin Hubble iniziò a misurare le singole stelle che facevano parte di queste nebulose e alla fine ne determinò le distanze. Non solo erano molto più lontane di qualsiasi altra cosa nella galassia, ma quelle a distanze maggiori si stavano allontanando più velocemente di quelle vicine. L’universo, insomma, si stava espandendo.

Lemaître fu il primo a riconoscerlo, nel 1927. Provò ad andare all’indietro per capirne le origini e trovare il cosiddetto “atomo primordiale”. Si rese conto che l’universo era un insieme caldo, denso e in rapida espansione. Quest’idea è stata successivamente sviluppata, vediamo come.

L’evoluzione dell’universo

L’universo, come lo vediamo oggi, è molto più evoluto di quanto non lo fosse in passato. D’altronde più indietro guardiamo nello spazio, più indietro guardiamo anche nel tempo. Se così fosse, gli oggetti che vediamo allora dovrebbero essere più giovani, meno massicci e con una struttura meno evoluta. Dovrebbe anche esserci un punto oltre il quale non erano presenti né stelle, né galassie.

Ad un certo punto, poi, la radiazione sarebbe così calda che gli atomi non avrebbero potuto formarsi, perché la radiazione avrebbe eliminato gli elettroni dai nuclei a cui stavano tentando di legarsi. Il calore sarebbe stato tale che persino i nuclei atomici sarebbero evaporati. Questo implica una prima fase (chiamata pre-stellare) in cui si sarebbe verificata la fusione nucleare: gli scienziati la chiamano nucleosintesi del Big Bang. Non solo, perché a questo punto avrebbero dovuto esserci numerosi altri elementi leggeri e i loro isotopi diffusi in tutto l’universo, ben prima che si formassero le stelle.

La storia dell’universo in espansione, che lascia solo il Big Bang come valida spiegazione per tutto ciò che osserviamo. Credit: NASA/CXC/M. Weiss

La radiazione cosmica di fondo

Una delle due prove (l’altra è lo spostamento cosmologico verso il rosso) che ci hanno permesso di dire “Sì, c’è stato un Big Bang” è la radiazione cosmica di fondo. Venne scoperta nel 1964 dagli astronomi americani Penzias e Woodrow Wilson, che li portò a conseguire anche il Nobel per la fisica, nel 1978. È quel che resta del Big Bang, ovvero la radiazione residua, appunto, proveniente dalle fasi iniziali della nascita dell’universo.

Ma se siamo riusciti a far risalire il Big Bang a circa 13,8 miliardi di anni (quando l’universo aveva meno di un secondo di vita), perché non tornare indietro di un secondo ancora, fino alla singolarità che si prevede esistesse quando l’universo aveva 0 secondi? La risposta è che è sempre rischioso fare supposizioni infondate ed errate sulla realtà. Ma, ad esempio, se l’universo fosse iniziato con una singolarità, allora avrebbe dovuto esserci lo stesso equilibrio tra materia ed energia, per bilanciarne l’espansione. Se ci fosse stata un po’ di materia in più, l’universo sarebbe già “crollato” su se stesso. Se ce ne fosse stata meno, le cose si sarebbero espanse così rapidamente che l’universo sarebbe molto più grande di quanto non sia oggi.

Eppure quello che possiamo osservare ci dice che il tasso di espansione iniziale dell’universo e la quantità totale di materia ed energia al suo interno si bilanciano perfettamente. Ma perché?

L’inflazione cosmica

Ricordate la teoria di de Sitter del 1917, che presupponeva che l’universo fosse dominato da una grande costante cosmologica? Venne ripresa all’inizio degli anni Ottanta per elaborare la teoria dell’inflazione cosmica, che ipotizza che l’universo abbia attraversato una fase di espansione rapida, poco dopo il Big Bang, dovuta a una grande pressione negativa. Questa teoria, però, non spiega cosa c’era PRIMA del Big Bang.

Mentre un universo con materia e radiazione (ovvero ciò che otteniamo con la teoria del Big Bang) può essere ricondotto ad una singolarità, un universo inflazionario non può. A causa della sua natura esponenziale, anche se si provasse a far tornare indietro l’orologio di una quantità infinita di tempo, lo spazio si avvicinerebbe solo a dimensioni infinitesimali con temperatura e densità infinite, ma non raggiungerebbe mai lo zero.

Questo significa che l’idea che l’universo abbia avuto inizio da una singolarità (e quindi dal Big Bang) doveva essere scartata nel momento in cui si è riconosciuto che una fase inflazionistica abbia preceduto quella calda, densa e piena di materia e radiazioni che vediamo ancor oggi.

Le linee blu e rosse rappresentano uno scenario tradizionale del Big Bang, dove tutto inizia con t=0. In uno scenario inflazionistico (linea gialla), non raggiungeremmo mai una singolarità, un punto singolo. Si può solo pensare che diventi sempre più piccolo, mentre il tempo continua a tornare indietro per sempre. Credit: E. Siegel.

Perché il Big Bang non è l’inizio dell’universo

Questa immagine ci fornisce tre informazioni importantissime che riguardano l’inizio dell’universo, in netto contrasto con la storia tradizionale che ognuno di noi ha imparato a scuola. In primis, la nozione secondo la quale l’universo sarebbe emerso da una singolarità infinitamente calda, densa e piccola, è errata. L’immagine è in gran parte corretta, ma ci sarebbe un limite oltre il quale non possiamo andare indietro nel tempo.

In secondo luogo, le osservazioni hanno stabilito che esiste un’inflazione cosmica che si è verificata prima del Big Bang. L’universo primordiale avrebbe subito una fase di crescita esponenziale, in cui tutti i componenti preesistenti nell’universo sarebbero stati letteralmente gonfiati. E quando l’inflazione finì, l’universo si sarebbe riscaldato ad una temperatura elevata, dandoci l’universo caldo, denso e in espansione in cui viviamo oggi.

In ultimo, ed è forse la cosa più importante da capire, non possiamo avere alcuna certezza su come (e se) l’universo sia iniziato. Per sua stessa natura, l’inflazione cancella qualsiasi informazione rimasta, prima degli ultimi istanti. Per quanto ne sappiamo l’inflazione potrebbe essere andata avanti per l’eternità, preceduta da qualche altra fase non singolare o potrebbe essere stata addirittura preceduta da una fase emersa a sua volta da una singolarità. Fino al giorno in cui non scopriremo come estrapolare più informazioni possibili dall’universo, non abbiamo altra scelta che fare i conti con la nostra ignoranza. Fatto sta che il Big Bang si è verificato molto tempo fa e su questo non c’è dubbio: solo che forse non era l’inizio che tutti pensavamo che fosse.

Credit immagine di copertina NASA; Dana Berry (Skyworks Digital): Lead Animator Michael McClare (HTSI): Writer

Riferimenti:

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