Grazie al Very Large Telescope, gli scienziati hanno trovato per la prima volta i resti lasciati dall’esplosione delle prime stelle nell’Universo. Il video

I ricercatori pensano che le prime stelle formatesi nell’Universo fossero molto diverse da quelle che vediamo oggi. Quando apparvero, 13,5 miliardi di anni fa, contenevano solo idrogeno ed elio, gli elementi chimici più semplici in natura. Queste stelle, che si pensa fossero decine o centinaia di volte più massicce del Sole, morirono rapidamente con potenti esplosioni note come supernove, arricchendo per la prima volta il gas circostante con elementi più pesanti. Le successive generazioni di stelle sono nate da quel gas arricchito e, a loro volta, hanno espulso morendo elementi più pesanti. Il video:

I dettagli

Usando i dati ottenuti con il VLT dell’ESO in Cile, il gruppo di lavoro ha trovato tre nubi di gas molto distanti, osservate quando l’Universo aveva solo il 10-15% dell’età attuale, e con un’impronta chimica corrispondente a quella che ci aspettiamo dalle esplosioni delle prime stelle. A seconda della massa delle prime stelle e dell’energia delle loro esplosioni, le prime supernove rilasciarono diversi elementi chimici, come carbonio, ossigeno e magnesio, che sono presenti negli strati esterni delle stelle. Ma alcune di queste esplosioni non erano abbastanza energetiche da espellere elementi più pesanti come il ferro, che si trova solo nel nucleo delle stelle. Per cercare l’indizio rivelatore che queste primissime stelle siano esplose come supernove a “bassa energia”, l’equipe ha quindi cercato remote nubi di gas povere di ferro e ricche di altri elementi. E hanno trovato proprio quel che cercavno: tre nubi distanti, nell’Universo primordiale, con pochissimo ferro ma molto carbonio e altri elementi: una sorta di impronta digitale delle esplosioni delle primissime stelle.

La stessa peculiare composizione chimica è stata osservata anche in molte stelle vecchie della nostra galassia, che i ricercatori considerano stelle di seconda generazione formate direttamente dalle “ceneri” delle prime stelle. Questo nuovo studio ha trovato queste ceneri nell’Universo primordiale, aggiungendo così un pezzo mancante del puzzle. Per rilevare e studiare queste nubi di gas distanti, l’equipe ha utilizzato fari di luce noti come quasar, sorgenti molto luminose alimentate da buchi neri supermassicci al centro di galassie lontane. La luce di un quasar, viaggiando per l’Universo, attraversa nubi di gas in cui diversi elementi chimici lasciano un’impronta sulla luce. Per trovare queste impronte chimiche, l’equipe ha analizzato i dati di diversi quasar osservati con lo strumento X-shooter installato sul VLT dell’ESO. X-shooter divide la luce in una gamma molto ampia di lunghezze d’onda, o colori, il che lo rende uno strumento unico con cui identificare molti elementi chimici diversi nelle nubi lontane.

Questo studio apre nuove finestre per i telescopi e gli strumenti di prossima generazione, come l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO ora in costruzione e il suo strumento ANDES (ArmazoNes high Dispersion Echelle Spectrograph, uno spettrografo ad alta dispersione per il sito di Armazones).

Fonte: ESO

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