Sabato 21 ottobre è stato lanciato uno speciale razzo monostadio a combustibile liquido che ha collaudato con successo la procedura di aborto del lancio a velocità supersoniche ed il rientro della capsula Gaganyaan nell’Oceano Indiano

Sabato 21 ottobre, alle ore 6:00 italiane, due ore dopo un improvviso stop del conto alla rovescia a T -4”, dal Satish Dhawan Space Center, è stato lanciato uno speciale razzo monostadio a combustibile liquido, denominato TV-D1, che ha collaudato con successo la procedura di aborto del lancio a velocità supersoniche (Mach 1.2) ed il rientro della capsula Gaganyaan nell’Oceano Indiano.

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Un test importante

Il Crew Escape System (CES) della navicella pilotata Indiana Gaganyaan, è un sistema di tipo tradizionale a torre, molto simile come concetto al SAS in uso sulle Sojuz. Un sistema di razzi a combustibile solido provvedono, in caso di aborto del lancio entro i primi 140 secondi, a separare la capsula di rientro della Gaganyaan dal resto del lanciatore ancora dentro la carenatura aerodinamica che è fornita, come le Soyuz e le Shenzhou di alette aerodinamiche per la frenata dinamica e proiettarla ad un altitudine tale che sia consentita l’apertura in sicurezza del paracadute principale. Una volta sganciata dalla torre a razzo, la Gaganyaan prosegue la sua discesa frenata prima dalle alette aerodinamiche e, successivamente alla separazione della copertura aerodinamica, dall’apertura del paracadute principale arrivando ad ammarare nell’Oceano Indiano  a circa 10 Km dal luogo del lancio. Un primo test del dispositivo CES è stato già effettuato con successo a terra; con questo nuovo collaudo in volo è stata certificata la sua efficienza alle velocità supersoniche che il veicolo raggiunge nei primi 140 secondi dal lancio.

Il veicolo di lancio TV-D1 all’interno della torre di assemblaggio presso Sriharikota Launch Facility. Credito: ISRO

Un sistema costruito ad hoc, Gaganyaan TV-D1

Per il test è stato utilizzato un singolare lanciatore monostadio a combustibile liquido, preso in prestito da uno dei boosters dei lanciatori di classe media PSLV-XL. Denominato TV-D1, ha portato ad un’altitudine di 17 Km il modulo dell’equipaggio (CM) insieme alla torre CES ed al fairing di protezione (CMF). Il CM è una versione perfettamente funzionante, ma non pressurizzata, del CM che verrà usato nei test successivi senza equipaggio e nel primo volo pilotato. Si è scelto di implementare tutta l’avionica di bordo per poter testare il suo funzionamento in condizioni di elevato stress meccanico. In questo modo il test ha fornito importantissimi riscontri che consentiranno di accelerare i tempi dei prossimi test, almeno due senza equipaggio, che verranno effettuati nel 2024 utilizzando il lanciatore GSLV. Anche il recupero della capsula CM è stato effettuato, nell’Oceano Indiano utilizzando la squadra navale e la nave appoggio della Marina Militare Indiana che verrà utilizzata nei voli operativi. 

Infografica del veicolo test TV-D1. Credito: ISRO

I prossimi passi

Il 17 Ottobre 2023, il Primo Ministro dell’India, Narendra Modi, ha annunciato che entro il 2035 l’India disporrà di una propria stazione orbitale e che, entro il 2040, i primi Vymanauti scenderanno sulla superficie della Luna. Per realizzare questo ambizioso programma, è necessario che lo sviluppo della navicella pilotata Gaganyaan proceda rapidamente e senza intoppi. Per questo motivo, nel 2024, saranno effettuati almeno due voli orbitali completi senza equipaggio utilizzando tutto il sistema che verrà certificato per il volo umano, quindi anche il lanciatore GSLV-MkIII dotato di nuovi boosters HS200. Nel Gennaio 2025 la prima Gaganyaan con a bordo i primi Vymanauti, nome derivato dal Sanscrito Vymana che designa gli oggetti che volano, dovrebbe consentire alla nazione asiatica di divenire la quarta nazione al mondo in grado di lanciare esseri umani nello spazio per mezzo di un proprio veicolo.   

Il CM del Gaganyaan durante l’assemblaggio. Credito: ISRO

Dal sogno di Vikram Sarabhai ad oggi

Era il 1962 quando Vikram Sarabhai costituì l’Indian National Committee for Space Research divenuto poi, nel 1969, Indian Space Research Organisation (ISRO). Già nel 1963, sulle rive dell’Oceano Indiano, veniva costruita la prima base di lancio in cui i piccoli razzi Rohini venivano trasportati su biciclette per essere poi montati sulle rampe di lancio. Vikram Sarabhai morì nel 1971 senza veder realizzato il sogno di assistere al lancio di un satellite indiano che avvenne nel 1975, in collaborazione con l’Unione Sovietica, nell’ambito del programma Interkosmos, il primo satellite completamente realizzato in India venne lanciato dal Cosmodromo di Baikonur: era l’Aryabhata. Nel 1980 il Rohini-I fu il primo satellite indiano lanciato da un vettore di produzione nazionale, il SLV. Il 3 aprile 1984, Rakesh Sharma divenne il primo cittadino indiano ad andare nello spazio, a bordo della Soyuz-T11 soggiornando a bordo della Saljut-7 per sette giorni.

Importante il contributo della nascente Roscosmos all’alba della dissoluzione dell’Unione Sovietica per implementare la capacità di lancio dei veicoli spaziali di classe media e pesante ed in quest’ambito la collaborazione si nota maggiormente nelle tecnologie per i motori a combustibile criogenico, nelle infrastrutture di lancio e, per il programma Gaganyaan, nello sviluppo delle tute spaziali e l’addestramento dei futuri Vymanauti. Oggi ISRO ha stupito il mondo lanciando con successo ambiziose missioni automatiche intorno alla Luna (Chandrayaan-1 del 2008), intorno a Marte (Mars Orbiter Mission del 2013) fino al successo dell’allunaggio del lander Vikram e del rover Pragyan sulla superficie lunare con la missione Chandrayaan-3 dell’estate 2023 ed al lancio della sonda solare nel Punto Lagrangiano L1 Aditya-L1 nello scorso settembre.

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