Tra le costellazioni più grandi del cielo, la Vergine è legata ad alcune delle divinità femminili più importanti della mitologia. Ecco la storia di questa costellazione che si lascia ammirare nei cieli da febbraio a luglio

Dal MUL.APIN, il più grande trattato astronomico babilonese, sappiamo che un pezzo della costellazione della Vergine era conosciuto in Mesopotamia come “Il Solco”. Il legame con l’agricoltura, già evidente nel nome, era anche dovuto alla sua associazione con la dea Shala, divinità della compassione ma anche dei cereali, infatti tra le mani aveva come simbolo una spiga di orzo. La tradizione che lega la costellazione all’agricoltura è rimasta intatta nel tempo, infatti, la stella principale della Vergine è la stella Spica, dal latino, appunto “spiga di grano”. L’altro pezzo della costellazione, come riportato da Ipparco di Nicea, era chiamato “La Foglia” e si tratta di un’altra costellazione babilonese corrispondente alla parte occidentale della Vergine, mentre Il Solco ne rappresenta la zona orientale. La Foglia era anch’essa associata ad una divinità che regge una foglia di palma da dattero. Ritroviamo, infatti, anche per la Vergine alcune rappresentazioni che la ritraggono con una spiga in una mano e una foglia di palma nell’altra.

Personale reinterpretazione della dea Shala

La Vergine per i Greci: Demetra o Astrea?

Dalla dea Shala passiamo a Demetra, la dea greca delle messi e dei raccolti: così i greci, in continuità con la tradizione babilonese, hanno interpretato la costellazione della Vergine, e in questo passaggio la spiga d’orzo diventa una spiga di grano. Tuttavia, a questa costellazione vengono associati diversi miti. In un’altra versione, non è Demetra a rappresentare la Vergine, bensì Persefone, sua figlia, rapita dallo zio Ade, il dio degli Inferi. Ma c’è ancora un’altra versione che, invece, collega la costellazione con Astrea, una dea vergine simbolo di purezza, innocenza e giustizia. Secondo il mito riportato da Ovidio, Astrea era l’ultima immortale tra gli esseri umani, scesa sulla terra durante l’Età dell’Oro per diffondere le sue virtù. Tuttavia, la sempre maggiore malvagità degli umani costrinse Astrea a prendere la decisione di abbandonare l’umanità. Così, giunta l’Età del Ferro, Astrea lasciò disgustata la Terra e i suoi abitanti per ristabilirsi nel cielo dove divenne la costellazione della Vergine.

Ancora un altro legame tra mito babilonese e mito greco: Inanna/Ishtar

Se Shala era accostata soltanto a Spica o alla regione nei dintorni di questa stella, c’era un’altra divinità babilonese associata a questa costellazione: la dea Ishtar. Dea dell’amore e della fertilità, Ishtar ha un suo precedente nella dea sumera Inanna: dea dell’amore, della fertilità, dell’agricoltura e della giustizia. Entrambe le dee affrontano un viaggio nel mondo degli Inferi. In particolare, Inanna intraprende questa discesa nel mondo dei morti per portare il suo conforto alla sorella Ereshkigal, dea degli Inferi, per la morte di suo marito Nergal. Per mostrarsi al cospetto della sorella, la dea deve attraversare sette porte e spogliarsi di tutti i suoi averi, ma una volta giunta Ereshkigal la condanna a morte. Dopo alcuni giorni la sua fida ancella, Ninshubur, chiede aiuto alle divinità e così il dio Enki forgia due creature immortali incaricate di adulare la dea infernale e convincerla a consegnare il cadavere di Inanna. Ottenuto il corpo, le due creature riportano in vita la dea, ma perché possa lasciare gli Inferi qualcun altro deve prendere il suo posto. A tale scopo Inanna viene sollecitata dai demoni del destino, i quali le propongono diverse persone, tra cui la sua ancella, ma la dea si rifiuta: è ingiusto far morire chi le era rimasto fedele anche dopo la morte. Viene infine condotta dal suo sposo Dumuzi, il quale è seduto sul trono di Inanna, compiaciuto e ornato di splendide e ricche vesti. Inanna si sente tradita dal marito che non ha osservato il lutto e, allora, incollerita, lo condanna a morte cedendolo ai demoni del destino. Tuttavia, Inanna si rimetterà alla ricerca di Dumuzi impietosita dalle lacrime della sorella di lui, Geshtinanna. Trovato Dumuzi, resta una sola soluzione per non contravvenire alla legge dell’Oltretomba: Dumuzi e Geshtinanna si scambieranno ruolo per metà dell’anno cosicché entrambi trascorreranno parte dell’anno negli Inferi e l’altra parte con Inanna. Questo mito sumero, che spiega l’alternanza delle stagioni e il ciclo vegetativo, presso i greci è riconoscibile nella leggenda di Persefone (Proserpina per i romani) costretta a passare metà dell’anno con sua madre Demetra (primavera ed estate) e l’altra metà con Ade giù negli Inferi (autunno ed inverno).

La dea Ishtar in un rilievo del 1800-1750 a.C. rinvenuto in Iraq. Credit: Wikipedia, davideferro.net. Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ishtar_goddess.jpg

Un quadro più chiaro sulla costellazione

La dea Inanna/Ishtar era spesso rappresentata con due leoni e con simboli vegetali. Se pensiamo che il triangolo primaverile è formato da Spica, Arturo (Boote) e Denebola (Leone), il quadro assume sempre più senso. La stella Spica era inoltre chiamata dagli arabi (oltre al nome di cui abbiamo parlato qui) “la tibia del Leone”, poiché rispetto alla sua rappresentazione modera la costellazione del Leone era più estesa nell’antichità. Un’altra delle caratteristiche delle divinità Inanna/Ishtar – così come, pare, anche di Shala erano le virtù guerresche, che ben si sposano con un animale come il leone. Da considerare, inoltre, che la Vergine si trova anche nelle vicinanze della costellazione della Bilancia, simbolo di equità, indubbiamente ricollegabile ad Inanna così come ad Astrea. Curiosamente, inoltre, la costellazione è visibile fino a luglio, mese che secondo il calendario lunare in uso presso gli ebrei e i musulmani è il mese chiamato “tammuz (in realtà cade tra giugno e luglio), che sarebbe il nome del dio Dumuzi per i babilonesi. Nella versione babilonese del mito, infatti, la dea Ishtar, e con essa tutte le donne, deve portare il lutto per Tammuz per un mese intero (da qui l’origine del nome del mese), lutto che prevedeva, fra le altre cose, il digiuno mensile.

La Vergine raffigurata nelle Urania’s Mirror, 1824. Spica è anche chiamata con l’altro nome arabo Asamech. Credit: Wikipedia. Link: https://en.wikipedia.org/wiki/Virgo_(constellation)#/media/File:Sidney_Hall_-Urania’s_Mirror-_Virgo.jpg
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