Osservato un buco nero supermassivo mentre invertiva i propri poli magnetici. Ecco tutto ciò che sappiamo.


Un recente studio pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal getta luce su un fenomeno osservato verso la fine del 2017, quando venne rilevata una significativa variazione in intensità della radiazione elettromagnetica emessa dal centro della galassia attiva 1ES 1927+654.

Rappresentazione artistica del buco nero supermassiccio al centro della galassia 1ES 1927+654. Credits (immagine in evidenza): NASA.

I ricercatori, grazie ai dati raccolti dal satellite Swift Gamma Ray Burst Explorer della NASA, hanno suggerito che tale evento possa essere stato causato dal “ribaltamento” del campo magnetico del buco nero supermassiccio ivi localizzato, a circa 239 milioni di anni luce di distanza da noi. Qualcosa di simile accade al Sole ogni 11 anni circa e, su scale temporali di alcune centinaia di migliaia di anni, anche alla Terra.

Il campo magnetico in questione, però, non appartiene al buco nero in sé. Esso, infatti, è generato dal plasma che circonda il buco nero stesso: quest’ultimo, difatti, è composto anche da particelle cariche, le quali generano una corrente elettrica e, quindi, un campo magnetico.

Vi possono essere diverse cause dietro la variazione dell’emissione elettromagnetica di un corpo celeste del genere. In particolare, questa volta si è trattato del raro Changing Look Active Galactic Nucleus (CLAGNs), che comporta una variabilità del flusso radiante della durata di pochi anni. Vediamo di cosa si tratta.

L’eventuale plasma che orbita attorno ai buchi neri finisce per caderci, accelerando, riscaldandosi ed emettendo, così, nell’ottico e nell’ultravioletto – ma anche nel radio e nel X. I raggi X, però, sono più spesso prodotti da particelle cariche, come gli elettroni, che spiraleggiano attorno alle linee di campo magnetico.

A quanto pare, l’intensità dei raggi X era diminuita molto rapidamente; al contrario, l’intensità della luce negli spettri dell’ultravioletto e del visibile aumentava (quest’ultima, in particolare, all’incirca di un fattore 100). Tutto ciò, e non solo, ha suggerito una crescita del flusso di materia in caduta nel buco nero, ma che al tempo stesso il campo magnetico si stava indebolendo: due effetti che ci si aspetterebbe proprio durante un’inversione di campo magnetico. L’emissione, alla fine, si è ristabilizzata a uno stato simile al precedente.

Non è la prima volta che si osservano cambiamenti nell’ottico e nell’ultravioletto: è già successo in poche dozzine di galassie attive. Ma questa è la prima volta che i raggi X sono praticamente scomparsi mentre l’intensità aumentava per altre lunghezze d’onda.

Suggerisco, inoltre, la visione del seguente video, in cui vi sono diverse animazioni di quanto hai letto fin’ora.

Se vuoi conoscere altre notizie sui buchi neri, consiglio anche la lettura di “Buchi neri: nuovi indizi sull’origine dei loro getti relativistici“.

Fonti: ApJ, NASA.

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