La costellazione Altare era visibile nell’epoca greca nel nostro emisfero. La precessione degli equinozi l’ha resa invisibile alle nostre latitudini.

Altare, o Ara, è una costellazione relativamente piccola ma molto interessante collocata nell’emisfero australe, visibile tra primavera ed estate. Non è possibile purtroppo ammirarla dall’Italia anche se, con condizioni atmosferiche favorevoli ed in periodi confacenti dell’anno, può essere intravista dalla Sicilia meridionale. Per vedere Altare è necessario andare in Egitto, meglio se nella zona centrale sulle sponde del Nilo. Questa costellazione si trova in prossimità della costellazione dello Scorpione, sotto la sua coda. È molto vicina anche alla costellazione del Pavone e dell’Uccello del Paradiso. 

La costellazione Altare. Credit: Stellarium

La simbologia di questa costellazione è stata spiegata secondo tre ipotesi. Per una parte di studiosi rappresenterebbe un braciere sorretto da un tripode, probabilmente rifacendosi alle offerte sacrificali dell’antica religione egizia. Per una seconda parte di studiosi è vista come un braciere più semplice con un’alta fiamma sfavillante accesa e per un ultimo gruppo, invece, ricorda un altare sacrificale molto simile a quelli utilizzati per le cerimonie dell’antichità.

NGC 6397, un brillante ammasso globulare nella costellazione dell’Altare. Credit: Stellarium

Il mito della costellazione

La costellazione dell’Altare era menzionata dai Greci nei canti epici. Il mito più interessante attribuibile a questa costellazione riguarda la nascita di Zeus, padre di tutti gli dèi. Zeus nacque da un Titano, Crono, e da Rea. Crono voleva essere re indiscusso dell’Olimpo ma una profezia lo avvertiva che tutti i figli nati da lui sarebbero divenuti dèi e che, insieme, avrebbero governato l’Olimpo e l’Universo. Per non dover dividere il suo potere, Crono ingoiò tutti i suoi figli appena nati. Quando nacque Zeus, la madre Rea, per evitare che anche quell’ultimo figlio le venisse sottratto e ingurgitato dal marito, nascose il neonato, avvolse una pietra in fasce, e mostrato a  Crono il fagotto, subito egli ciecamente lo inghiottì, pensando fosse il bambino appena partorito dalla moglie.

Crono e Rea

Zeus visse l’infanzia e la giovinezza nascosto dalla madre che, regolarmente, andava a fargli visita. Fu affidato a Gea e crebbe sotto le cure delle Ninfe, in particolare di quelle di Cinosura; fu nutrito col latte della capra Amaltea (ricompensata poi dal dio, fu condotta in cielo diventando la costellazione del Capricorno). Cresciuto, arrivò la resa dei conti. Quando fu abbastanza grande e forte, affrontò il padre, costringendolo a vomitare i suoi fratelli. La madre Rea, infatti, lo aveva reso coppiere di Crono in modo tale da porre nella coppa del padre un intruglio, che gli avrebbe provocato il vomito. I figli ancora vivi nella sua pancia furono espulsi. Erano adulti e pronti a governare il monte Olimpo.

L’altare. Credit: Stellarium

I figli di Crono erano Ade, dea degli inferi, Poseidone, dio del mare e degli oceani, Era, che diventò poi la moglie di Zeus, Estia, dea della casa e Demetra, dea dei campi e delle coltivazioni. Zeus e i suoi fratelli sconfissero il padre e costruirono un piccolo altare, sul quale bruciarono sacrifici e si scambiarono promesse di fratellanza e unione. Davanti all’ara gli dèi pronunciarono un’alleanza e subito Zeus lo pose in cielo a ricordo del patto che da allora avrebbe legato gli dèi tutti. Fu così consacrato il nuovo ordine e dal fumo del suo fuoco si sarebbe generata la Via Lattea. 

Secondo la leggenda la costellazione di Ara dovrebbe rappresentare proprio quel piccolo altare che vide l’inizio del governo politeistico dell’Olimpo, la cui paternità appartiene a Zeus in quanto fu proprio lui a liberare i suoi fratelli dal corpo del mostruoso padre. Uno dei primi progetti che le divinità greche misero in atto fu proprio la guerra ai Titani, della stirpe di Crono, per liberarsi di loro e poter dar vita alla società olimpica.

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