Per gli scienziati potrebbe trattarsi di un buco nero, ma se così fosse segnerebbe una svolta nel campo dell’astronomia.

Uno degli ammassi più luminosi della Via Lattea emette misteriose onde radio. Gli scienziati ritengono che questo segnale possa essere prodotto da un buco nero di medie dimensioni: se fosse vero, renderebbe questo risultato il primo del suo genere. Il team ha scoperto il segnale durante l’osservazione dell’ammasso 47 Tucanae. Gli ammassi globulari sono antichi raggruppamenti di stelle sparsi nella Via Lattea.

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Le stelle all’interno di questi ammassi sono molto più fitte di quelle presenti in altre parti della galassia. 47 Tucanae, ad esempio, contiene più di un milione di stelle in una sfera con un diametro di 120 anni luce. Questo ammasso è il secondo più luminoso del cielo e può essere osservato anche ad occhio nudo. Ma con 450 ore di misurazioni radio con ATCA, i ricercatori del Centro internazionale per la ricerca sulla radioastronomia (ICRAR) hanno creato l’immagine radio più dettagliata mai ottenuta di 47 Tucanae. E proprio al centro dell’ammasso, situato a circa 14.500 anni luce dal Sole, hanno trovato l’insolita sorgente di onde radio.

Cosa hanno scoperto

Credit: Padovano et al.

I ricercatori pensano che il segnale sia prodotto da un buco nero di medie dimensioni o da una pulsar, una stella di neutroni in rapida rotazione che emette onde radio. Entrambi gli oggetti sarebbero già di per sé intriganti, ma la scoperta di un buco nero di medie dimensioni rappresenterebbe una svolta. I buchi neri di medie dimensioni, infatti, sono l’anello mancante tra i buchi neri formatisi dalla morte delle stelle giganti e i buchi neri supermassicci – enormi mostri che si trovano al centro di galassie. Gli astrofisici ipotizzano che i buchi neri supermassicci possano essersi formati dalla graduale fusione di buchi neri più piccoli. Tuttavia, non ci sono molte prove di questo processo nell’universo.

Cosa ci riserva il futuro

Arash Bahramian, un astronomo del Curtin Institute of Radio Astronomy che ha supervisionato il progetto, ha detto: “Siamo riusciti a raggiungere incredibili risultati scientifici con l’attuale generazione di radiotelescopi, combinando centinaia di ore di osservazioni per rivelare i dettagli più interessanti. Tutto ciò ci dà un assaggio delle capacità che la prossima generazione di radiotelescopi raggiungerà quando saranno pronti per osservare il cosmo”. In futuro, infatti, la tecnica potrebbe essere utilizzata per amplificare la potenza di SKAO e aiutare gli astronomi a rilevare gli oggetti più deboli nell’universo.

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