Una simulazione del 2018 mostra lo spettro elettromagnetico emesso da due buchi neri supermassicci in rotta di collisione.

In uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal nel 2018, vennero simulati due buchi neri supermassicci in rotta di collisione. Si tratta di corpi celesti la cui massa va da milioni a miliardi di volte quella solare. Per farlo è stato utilizzato il supercomputer Blue Waters del National Center for Supercomputing Applications presso l’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign.

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La simulazione dei buchi neri

Gli scienziati hanno rilevato la fusione di buchi neri di massa stellare, che vanno da circa tre a diverse dozzine di masse solari, utilizzando il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) della National Science Foundation.

Le fusioni dei buchi neri supermassicci, però, sono molto più difficili da rilevare rispetto a quelle di buchi neri con massa stellare. Uno dei motivi è che le onde gravitazionali sono così poco intense da confondersi col rumore a cui sono soggetti i rilevatori terrestri attuali, per via delle vibrazioni sismiche e dell’influenza gravitazionale dell’atmosfera. Converrebbe perciò disporre di rilevatori nello spazio, come il Laser Interferometer Space Antenna (LISA) che l’ESA prevede di lanciare negli anni ’30.

Le binarie supermassicce prossime alla collisione, però, potrebbero trovarsi in un ambiente più ricco di gas. Si sospetta, infatti, che l’esplosione della supernova che crea un buco nero stellare spazzi via anche la maggior parte del gas circostante, mentre quel poco che resta viene rapidamente risucchiato. Alla fine non rimane abbastanza materiale da poter osservare al momento della fusione.

Mentre i buchi neri supermassicci, derivando da fusioni di galassie, dispongono di una considerevole quantità di gas, polvere, stelle e pianeti. Così, mentre i buchi neri si avvicinano, l’interazione magnetica e gravitazionale riscalda il gas rimanente, emettendo radiazione elettromagnetica che dovremmo essere in grado di vedere.

La simulazione in questione mostra tre orbite di una coppia di buchi neri supermassicci a sole orbite quaranta dalla fusione. In particolare, dai modelli è risultato che la luce emessa in questa fase del processo potrebbe essere dominata dalla radiazione ultravioletta a cui si aggiungerebbero anche dei raggi X ad alta energia.

Fonte: NASA.

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