Passare 5 notti sotto il cielo stellato più bello del mondo, circondato dai telescopi più avanzati del mondo. Questo è il racconto di emozioni che non dimenticherò mai.

Questo post è estratto dal libro “Atacama: il paradiso dell’astronomia

Paranal, 20 giugno 2018.

Sono le 11:30 del mattino. Mi trovo in una stanza buia di un hotel molto speciale, dopo aver dormito ben 4 ore ma non ho sonno, perché sono troppo felice. Ho passato un’intera notte in mezzo a giganteschi telescopi, fantascientifici laser, futuristiche strutture che sembrano troppo avanzate per essere reali. È stata la mia seconda notte, la prima trascorsa ai telescopi e non vedo l’ora che arrivi la prossima ancora per avere il tempo di capire se sto sognando o no. 

Sono arrivato l’altro ieri, direttamente in auto insieme al mio amico astronomo che è il beneficiario del preziosissimo tempo di osservazione a uno dei telescopi. Io mi sono aggregato, pagando di tasca mia il soggiorno (65 euro al giorno, pensione completa, abbastanza economico considerando dove mi trovo!) per fare un’esperienza scientifica e umana che non ha paragoni con niente di quello che ho già avuto la fortuna di vivere. 

Quando si arriva a Paranal, come astronomo e non come turista, le sensazioni sono completamente differenti. C’è la consapevolezza che per qualche giorno quella sarà la tua casa e che pochissime persone al mondo hanno avuto la fortuna di accedervi. 

L’organizzazione di ESO, gestita da tedeschi, è impeccabile e rigida come solo loro sanno fare. Considerando che la grandissima parte degli astronomi arriva dall’Europa e viene trasportata fino a Paranal con bus dedicati, solo il fatto di comunicare, una settimana prima, che noi saremmo arrivati in auto privata aveva provocato serie crisi di panico tra gli addetti alla logistica. Solo diversi giorni più tardi, con l’intercessione di un “pezzo grosso”, siamo riusciti a convincere l’organizzazione che l’utilizzo di un mezzo di trasporto privato non solo era (e ci mancherebbe) possibile ma avrebbe fatto risparmiare soldi a ESO, che non si sarebbe dovuto curare del nostro viaggio. 

Tutte le auto possono arrivare fino alla piccola pianura che si affaccia sulla montagna dove si trovano i telescopi, circa 400 metri più in alto. Per procedere è necessario farsi identificare dalla sicurezza ed essere stati previamente autorizzati. Dopo un’amichevole chiacchierata con i simpatici addetti, ci sono state consegnate le tessere magnetiche con cui si può accedere a tutti i servizi dell’osservatorio, principalmente il ristorante, e ci sono stati spalancati i cancelli. 

La residencia: un futuristico hotel in un luogo marziano

La prima tappa è la “residencia”, lo spettacolare hotel dove alloggiano staff e astronomi visitatori. Dall’esterno si fatica a capire dove si trovi, perché l’unica cosa che si osserva è un grande domo traslucido, alto non più di tre metri rispetto al suolo, che assomiglia a una grande serra. Sulla sinistra, un lungo corridoio in discesa porta di fronte al domo. Due pesanti porte, distanziate di 5 metri l’una dall’altra, ci trasportano in un altro mondo. All’entrata ci investe calore e umidità. Il corridoio procede la sua discesa circondando un grande giardino sottostante, con terra vera, arbusti e persino alberi alti almeno una decina di metri. Arrivo alla fine del corridoio completamente spaesato e mi appresto a farfugliare qualcosa in inglese alla reception. La mia camera sarà pronta tra un paio d’ore, intanto possiamo andare a mangiare e fare un giro turistico di questa specie di stazione spaziale situata nel mezzo di un pianeta ostile; un avamposto umano che un giorno, forse, somiglierà a quelli che avremo sulla Luna e su Marte. Mi sento intimidito ed eccitato; un improvvisato astronauta catapultato in un luogo remoto che tra poche ore si rivelerà in tutto il suo splendore. 

Sistemato stomaco e valigie, conosciamo l’astronomo che sarà al telescopio la prima notte e le successive. Come da prassi, il primo giorno non si osserva, ci si ambienta. Il nostro astronomo, Pedro, insieme ad altri colleghi, organizza il tour privato. Saremo accompagnati alla piattaforma dei telescopi poco prima del tramonto, per restarci il tempo che vorremo. Il mio amico, già veterano di Paranal, preferisce controllare il programma delle osservazioni e mi incita ad andare e godere di questa esperienza.

Tutto lo staff che si occupa dei telescopi e della logistica è composto da persone giovani, tra i 30 e i 40 anni, tutti astrofisici con almeno un dottorato di ricerca e un paio di anni di esperienza, provenienti dai luoghi più disparati del pianeta, quasi tutti dall’Europa. Pedro è portoghese, il suo collega che mi farà da guida per la prima notte esplorativa è un iraniano che ha studiato anni in Germania ed è accompagnato da un’avvenente insegnante cilena che sicuramente vuole impressionare facendole osservare le stelle da uno dei luoghi più desiderati dagli astronomi. Questo basterebbe a sfatare il mito degli scienziati nerd trasandati e impacciati con le donne, ma non è la storia che voglio raccontare in queste righe. 

Aspettando il tramonto

Grazie al personalizzato tour astronomico, ho subito avuto accesso a una delle cupole per immortalare l’istante in cui si apre e il telescopio viene messo nella posizione di parcheggio, pronto per iniziare le fasi di calibrazione necessarie per le successive osservazioni. È impressionante osservare un bestione alto venti metri, largo una decina, danzare leggiadro come una ballerina, senza quasi far rumore. Mi viene spiegato che il sistema è così ben bilanciato che si potrebbe spostare persino con una mano, nonostante una massa di non mi ricordo quante tonnellate. 

Usciti dalla cupola attraversiamo la grande piattaforma di cemento, poi ci spostiamo nella terrazza sopra la control room. Il primo appuntamento astronomico della serata è proprio qui, di fronte a un mare di nubi che sovrastano l’oceano, 2 chilometri e mezzo più in basso e appena 12 più a est. Il Sole sta per tramontare; la speranza è di osservare il raggio verde, molto comune da qui. Aspetto con trepidazione, ma il fenomeno non si presenta. Poco male, perché forse non lo avrai neanche apprezzato, coinvolto come sono nell’immaginare quello che verrà. 

L’ombra di Paranal si staglia sull’aria tersa durante un tramonto infinito. La notte sta per iniziare. Crediti: ESO/Daniele Gasparri

A pochi metri da me un gruppo di persone assiste con la stessa meraviglia al fermarsi del tempo. Alcuni di loro sono astronomi visitatori che si trovano qui per la prima volta, altri sono amici di qualche membro dello staff. L’ultimo raggio di Sole non sembra volermi abbandonare. La rifrazione atmosferica sembra sospendere il tempo per diversi minuti, poi finalmente la notte ha ufficialmente inizio, anche se il cielo esprimerà tutta la sua potenza non prima di un’ora. L’agenda è ben definita: resteremo lì, io, la mia guida iraniana e la sua amica, fino all’accensione dei laser, l’attrazione più straordinaria dell’osservatorio. 

L’unità UT4, l’ultima cupola nella piattaforma se si viene dalla sala di controllo, è dotata di 4 potenti laser da 22 Watt ciascuno, in grado di proiettare una stella artificiale a circa 90 km di quota. Questa viene utilizzata dal computer dello strumento per determinare l’effetto della turbolenza atmosferica e correggere le immagini astronomiche muovendo fino a 50-60 volte al secondo uno degli specchi su cui viene fatta convergere la luce. È una cosa assolutamente fuori dalla realtà, sia nel funzionamento che alla semplice osservazione. Mi dicono che i raggi laser si vedono anche da decine di chilometri di distanza e rappresentano ancora un’attrazione per coloro che lavorano qui da anni. 

Nel frattempo, mi allontano dalla coppia per trovare uno spazio personale dove metabolizzare tutto quello che è successo e che verrà. Nella fretta di lasciare l’hotel ho dimenticato il treppiede, così piazzo la fotocamera a scattare foto direttamente in terra. 

La notte e i laser

Una sottile falce di Luna accompagna la brillante luce di Venere che risplende proprio al confine della fascia del tramonto, i cui colori sono insistenti e sempre più forti. Il vento teso del giorno non si è attenuato, anzi, sembra rinforzarsi. Sarà una notte ventosa, ma non m’importa. 

Le prime stelle si accendono e trepidante aspetto il centro della Via Lattea manifestasti verso l’orizzonte est. Sarà l’indiscusso protagonista di queste notti, pronto a rischiarare la piattaforma e a riflettersi sulle cupole dei telescopi. Non so ancora come e quanto, ma sono cosciente che sarà grandioso. 

La Luna e Venere accompagnano i colori del tramonto di quella che si prospetta essere una notte straordinaria. Crediti: Daniele Gasparri

Aspetto fiducioso che il cielo diventi scuro, ma guardo dalla parte sbagliata: verso ovest la transizione tra la luce del tramonto e la luce zodiacale è meramente cromatica. Il cielo non diventerà mai scuro. Me lo fa notare il mio nuovo amico iraniano che mi incoraggia ad attraversare la piattaforma per avvicinarci alla cupola di UT4, la cui accensione dei laser è ormai imminente. 

Non appena iniziamo a camminare in un ambiente ormai scuro, nel quale sono spariti del tutto i colori, un improvviso bagliore arancio si scaglia silenzioso nel cielo di fronte a noi, fino ad arrivare allo zenit. I laser sono stati accesi: tutti e tre urliamo al cielo un fragoroso “Wow!”. 

La Via Lattea e I quattro incredibili raggi laser sopra la mia testa. Crediti: ESO/Daniele Gasparri

Quattro enormi spade laser di color giallo/arancio escono dalla fenditura della cupola, attraversano tutto il cielo e si concentrano in un punto a decine di chilometri sopra di noi. È difficile credere che sia realtà, ma non riesco a pensare di avere un’immaginazione così fervida da creare una cosa tanto assurda. Sono bellissimi… E lo diventano ancora di più se si pensa che non sono armi, piuttosto strumenti di ricerca scientifica avanzatissimi, il frutto delle menti più brillanti messe a disposizione della conoscenza collettiva. Comprendo subito che questa è la magia che rende unico Paranal. Non è il luogo ventoso e dannatamente freddo. Non è il cielo, che probabilmente non è migliore di quello che potrei trovare poco lontano da Copiapó, la mia città qui ad Atacama. 

Paranal è unico perché rappresenta la sublime combinazione tra una Natura terrestre meravigliosa, un cielo straordinariamente limpido e l’incredibile ingegno di questi strumenti poderosi che in silenzioso rispetto cercano di farsi spiegare dalle stelle la nostra origine. È l’armonia assoluta tra essere umano, Natura e Universo a rendere Paranal non solo il centro mondiale dell’astronomia osservativa, ma il luogo perfetto per sentirsi orgogliosi di essere umani. Paranal è il punto più alto dell’astronomia attuale ed è anche una bellissima storia di come gli uomini possano imparare molto di più dalla cooperazione e dal rispetto per la Natura che attraverso conflitti e disastri. Un giorno, forse, impareremo che il motore della nostra evoluzione non può più basarsi su perenni conflitti ed evitabili tragedie.

La notte è arrivata, il centro galattico brilla già timido dietro i quattro fasci laser. Purtroppo, è tempo di tornare alla residenza ma la notte non è finita, perché posso liberamente uscire e camminare nei dintorni. Ne approfitto, perché non avrò tempo le prossime notti di vedere il cielo da qui, con le cupole in lontananza e la strada che si inerpica sulla montagna illuminata da discreti, quanto suggestivi, punti di luce. 

La Via Lattea e il rispetto della Natura

Mi trovo all’esterno di un hotel che ospita sempre almeno una cinquantina di persone. Dall’altra parte della strada c’è una piccola città e quello che sembra un palazzetto sportivo affollato, considerando le urla che arrivano fino a me. Fa impressione notare, ancora più forte, l’armonia che gli esseri umani, almeno in alcune circostanze, potrebbero raggiungere con il cielo stellato, senza rinunciare a nulla. Dalla residencia non esce nessuna luce, se non un debole chiarore dalla cupola schermata, eppure l’interno è illuminato come un normale hotel. La strada è perfettamente visibile, grazie alle piccole luci color ambra ai lati, senza che queste inondino il cielo di inutile energia luminosa. Nessuna delle attività umane è compromessa e la sicurezza stradale sembra addirittura incrementata. Questa è la prova che se, invece di cercare di dominarla, cercassimo di convivere con la Natura, non dovremmo rinunciare a niente e ne guadagneremmo enormemente in salute fisica e mentale, oltre che in un generoso risparmio energetico. 

La Via Lattea e una strada ben illuminata. Ci può essere progresso senza distruggere il cielo stellato e l’osservatorio VLT ne è la prova. Crediti: ESO/Daniele Gasparri

Dentro e fuori dell’hotel le persone conducono una vita normale, come se si fosse in un quartiere di una città; solo che in questo quartiere, quando si esce di casa, dalla palestra o dalla piscina, si può ammirare un cielo costellato di migliaia e migliaia di stelle, talmente brillanti da illuminare il paesaggio e rendere superfluo l’utilizzo di qualsiasi fonte di luce artificiale. Dopo aver visitato tutti i continenti (escludendo l’Antartide) ed essermi spinto dal torrido outback australiano fino alla gelata tundra polare, posso dire che qui, in questo avamposto umano incastonato in un luogo marziano, ho trovato quella pace e quella meraviglia disperatamente ricorse per anni. 

Ecco i link al libro:

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