Uno studio ha dimostrato che granelli di polvere cosmica formati da carbonio e idrogeno possono formare fullereni, molecole fondamentali per lo sviluppo della vita.

Uno studio dell’Instituto di Astrofisica delle Canarie, che combina la chimica di laboratorio con l’astrofisica, ha dimostrato per la prima volta che granelli di polvere formati da carbonio e idrogeno possono formare fullereni, molecole di carbonio di fondamentale importanza per lo sviluppo della vita nell’universo. I loro atomi sono organizzati in strutture sferiche tridimensionali, con uno schema di esagoni e pentagoni alternati, a forma di pallone da calcio (fulereni C60) o di pallone da rugby (fulereni C70).

I fullereni

Credit: NASA/ESA

Queste molecole furono scoperte in laboratorio nel 1985, cosa che 11 anni dopo valse ai loro tre scopritori il Premio Nobel per la Chimica. Da allora ci sono stati molti casi di prove osservative della loro esistenza nello spazio, specialmente all’interno delle nebulose attorno a vecchie stelle morenti delle dimensioni del Sole, che sono state espulse dagli strati esterni delle stelle alla fine delle loro vite.

Come è iniziata la vita sulla Terra

Poiché queste molecole sono altamente stabili e difficili da distruggere, si pensa che i fullereni possano aver portato sulla Terra molecole complesse, che hanno dato l’impulso all’inizio della vita. Quindi il loro studio è importante per la comprensione dei processi fisici fondamentali che prendono parte all’organizzazione della materia organica nell’universo.

Fondamentali per capire la vita nell’universo

Per identificare queste bande misteriose, gli scienziati hanno riprodotto l’emissione infrarossa della nebulosa planetaria Tc 1. L’analisi ha mostrato la presenza di grani di carbonio idrogenato amorfo (HAC). Questi composti di carbonio e idrogeno in uno stato altamente disordinato possono spiegare l’emissione infrarossa di questa nebulosa.

L’interazione con la radiazione ultravioletta

Per il gruppo di ricerca la presenza nello stesso oggetto di HAC e fullereni supporta la teoria secondo cui i fullereni potrebbero essersi formati durante il processo di distruzione dei granelli di polvere, ad esempio per interazione con la radiazione ultravioletta, che è molto più energetica della luce visibile.

I risultati dello studio

Con questo risultato gli scienziati hanno aperto la strada a future ricerche basate sulla collaborazione tra laboratori di chimica e astrofisica. “Il nostro lavoro mostra chiaramente il grande potenziale della scienza interdisciplinare e della tecnologia per realizzare progressi fondamentali nell’astrofisica e nell’astrochimica”, spiega Gómez Muñoz, autore principale dello studio.

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