Nuovi studi e risultati riguardo Betelgeuse, la regina del cielo invernale!

Lo sappiamo bene ormai, Betelgeuse trova sempre il modo di far parlare di se’… e ci riesce con tutti! Siano essi semplici appassionati o professionisti. Ha qualcosa di interessante da dire per tutti, e nessuno puo’ quindi fare a meno di volgere il suo sguardo, il suo pensiero, la sua curiosita’ verso la
regina del cielo invernale.


Stiamo in effetti parlando della stella supergigante rossa più vicina alla Terra, che e’ stata la protagonista indiscussa dell’inizio di questo travagliato 2020. Tra Ottobre 2019 e Febbraio 2020, essa ha infatti mostrato un minimo di luminosita’ davvero insolito e notevole alla lunghezza d’onda ottica.

Paragone tra le immagini di Betelgeuse, prese attraverso lo strumento SPHERE del tesescopio “Very Large Telescope” dell’ESO, a Gennaio e Dicembre 2019. E’ visibile il notevole indebolimento della stella (Credits: ESO)

Per spiegare questo oscuramento, furono proposte quattro ipotesi principali:

(i) confluenza dei periodi brevi ( ∼ 400 giorni) e lunghi ( ∼ 5 anni) con cui Betelgeuse e’ nota variare normalmente la sua luminosita’;

(ii) cambiamenti in punti caldi e freddi, simili alle macchie solari e noti sulla superficie della stella;

(iii) una grande espulsione di polvere appena formata lungo la linea di vista;

(iv) cambiamenti strutturali fotosferici a indicare un’imminente supernova.

Di queste ipotesi, l’ultima è stata del tutto esclusa, dal momento in cui la luminosità della stella e’ tornata in seguito ai valori originali… e i primi studi sembravan aver indicato la (iii) come la piu’ probabile. Ma ora lo scenario sembra cambiato. Attraverso osservazioni nel lontno infrarosso, prese lal James Clerck Maxwell Telescope (sito nel Mauna Kea Observatory, Hawaii) e dell’Atacama Pathfinder Telescope (nel deserto di tacama, Cile) per un periodo di 13 anni (includendo il periodo di indebolimento nell’ottico), i ricercatori hanno scoperto che Betelgeuse si e’ indebolita del 20% anche a queste lunghezze d’onda più alte, contemporaneamente al minimo ottico. Questo risultato esclude la forte emissione di polveri circostante precedentemente suggerita, la quale avrebbe invece dovuto produrre un eccesso nell’emissione infrarossa. Rimangono quindi le seguenti ipotesi: (i) confluenza dei periodi brevi ( ∼ 400 giorni) e lunghi ( ∼ 5 anni) con cui Betelgeuse e’ nota variare normalmente la sua luminosita’, ovvero un cambiamento GLOBALE nella luminosita’, causato da un abbassamento globale di 200 gradi della temperatura superficiale; oppure (ii) cambiamenti in punti caldi e freddi, ovvero un cambiamento LOCALE della luminosita’, con macchie gigantesche con un estensione totale pari al 50% della superficie della stella, con temperature di 400 gradi inferiori al resto della fotosfera. Quest’ultima, risulta essere l’opzione piu’ probabile. Si tratterebbe insomma dello sviluppo di gigantesche macchie, simili a gigantesche macchie solari (o forse in questo caso “macchie betelgeusesche”). Cosa non cosi’ improbabile, dal momento in cui i moti convettivi turbolenti di queste supergiganti possono creare campi magnetici davvero notevoli, i quali costituiscono il fenoeno alla base dell’origine delle macchie sul nostro Sole.

Betelgeuse
Betelgeuse. Credit: Massimiliano Veschini

Ma non e’ finita qui!

Betelgeuse presenta anche altre caratteristiche che la rendono molto particolare, in primis


1) Una elevata velocita’ di rotazione, ~5 Km/s (2.5 volte quella solare), molto alta per una supergigante rossa. Infatti, in qusta fase evolutiva, il momento angolare viene dissipato in modo importante a causa della forte perdita di massa, e la rotazione viene ulteriormente rallentata dalla grande espansione dell’inviluppo. Tutto cio’ porta, nella grande maggioranza dei casi, a velocita’ di rotazione molto base, se non quasi del tutto nulle.

2) Un’elevata velocita’ spaziale, ~30Km/s, rispetto alla velocita’ orbitale media delle stelle del disco galattico.

Uno studio molto recente di ricercatori della Louisiana State University, ha mostrato come entrambe queste caratteristiche possano essere spiegate contemporaneamente se Betelgeuse avesse fatto parte in passato di un sistema binario. Non si tratta in effetti di un’ipotesi cosi’ esotica, dal momento in cui un numero notevole di osservazioni negli ultimi 15 anni, e sempre piu’ accurate, ha appurato come la maggior parte delle stelle massicce (con una massa di poco superiore alle 10 masse solari) facciano parte di un sistema binario, e di come il 20% sia il prodotto di una interazione con la compagna. In sintesi. una stella massiccia singola rappresenterebbe l’eccezione, non la norma! E su basi osservative, possiamo dire che episodi di fusioni stellari tra stelle massicce e le loro compagne potrebbero essere non cosi’ rari.


Inoltre, l’estrapolazione all’indietro la traiettoria di Betelgeuse ha portato alcuni ricercatori a suggerire, gia’ nel 2005, che la sua possibile localita’ di nascita possa essere l’associazione OB1a di Orione, il gruppo di stelle giganti a nord-ovest della Cintura di Orione (come indicato nella seconda figura di suguito).

In conclusione

Lo studio in questione ha quindi analizzato questa ipotesi, e infine stabilito che ammassi stellari giovani e densi possono espellere dei sistemi binari lasciandoli intatti. Cio’ darebbe quindi il tempo alla stella piu’massiccia, con una massa tra le 15 e le 17 masse solari, di evolvere ed espandersi fino a un raggio pari a circa 250 volte quello solare, condizione che renderebbe possibile il progressivo inglobamento della compagna piu’ piccola, di massa tra una e quattro volte il Sole, che verra’ poi smantellata dalle forze mareali del denso nucleo di elio. Questo processo puo’ portare al trasferimento dell’energia cinetica rotazionale della compagna all’inviluppo della primaria piu’ massiccia, la quale potra’ mantenere quest elevata rotazione anche per i seguenti 200 mila anni. I ricercatori hanno cosi’ dimostrato che in questo modo si possono ottenere valori molto simili a quelli osservati per betelgeuse: una velocita’ spaziale relativa al disco di circa 30 km/s, unita a una rotazione superficiale di circa 5 km/s. Tutto questo grazie a una fusione stellare avvenuta in un periodo non precisato durante gli ultimi 200 mila anni.


Tutto cio’ sembra abbia molto senso ed e’ molto affascinante, ma sara’ anche possibile provarlo? Forse si. Il prossimo passo, sara’ infatti quello di identificare, tramite i modelli stellari teorici, quali potrebbero essere le ‘imporonte digitali’ di questa fusione cosmica. Ad esempio, ci potremmo
aspettare delle abbondanze chimiche anomale. Cio’ permettera’ di fare delle previsioni, che saranno poi testate tramite osservazioni. Questo fornira’ la possibililta’ di validare o rigettare questa interessante teoria sulla storia della nostra Betelgeuse. Insomma, il caro vecchio metodo sperimentale, che sempre spinge la nostra conoscenza verso nuovi orizzonti.

#cielisereni

FONTI:

  • Dharmawardena et al.; The Astrophysical Journal Letters, 897:L9 (7pp), 2020 July 1
  • Chatzopoulos et al.; The Astrophysical Journal, 896:50 (15pp), 2020 June 10

IMMAGINE DI COPERTINA: Credits Massimiliano Veschini

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