Gli astrofisici dell’Università di Miami, della Yale University e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno suggerito una teoria in controtendenza che i buchi neri primordiali rappresentino in realtà tutta la materia oscura presente nell’universo.

Sulla base di un modello alternativo sulla nascita e l’evoluzione dell’universo, un team di astrofisici ha ipotizzato che tutti i buchi neri, da quelli piccoli come la capocchia di uno spillo sino a quelli che coprono miliardi di chilometri, siano stati creati immediatamente dopo il Big Bang e rappresentino tutta la materia oscura presente nell’universo.

Queste implicazioni derivano da uno studio che suggerisce come i buchi neri possano esistere dall’inizio dell’universo e che questi buchi neri primordiali potrebbero essere una spiegazione del problema ancora irrisolto della materia oscura. Se fosse confermata dalle osservazioni che il James Webb Space Telescope, il nuovo telescopio spaziale in partenza tra pochi giorni, questa scoperta potrebbe cambiare la comprensione scientifica delle origini e della natura dei due tra i più grandi misteri cosmici odierni: la materia oscura e i buchi neri. 

Buco nero
Immagine artistica di un buco nero supermassiccio presente in molte galassie. Credit: ESO/L. Calçada

UN UNIVERSO DIFFERENTE

Lo studio ha previsto come sarebbe stato l’universo primordiale se, invece che da particelle sconosciute, la materia oscura fosse costituita da buchi neri formati durante il Big Bang, come suggerito da Stephen Hawking negli anni ’70.

Ciò porterebbe importanti implicazioni e, in primo luogo, non ci sarebbe bisogno di ‘nuova fisica’ per spiegare la materia oscura. La teoria aiuterebbe a rispondere anche a una delle domande più intriganti dell’astrofisica moderna: come hanno potuto i buchi neri supermassicci nell’universo primordiale diventare così grandi in modo così rapido? Dati i meccanismi che osserviamo oggi nell’universo moderno, non avrebbero avuto abbastanza tempo per formarsi. E risolverebbe anche il vecchio mistero sul perché la massa di una galassia è sempre proporzionale alla massa del buco nero supermassiccio al suo centro.

Si pensa che la materia oscura, che non è mai stata osservata direttamente, sia la maggior parte della materia nell’universo e agisca come l’impalcatura su cui si formano e si sviluppano le galassie. E dall’altra parte sono stati invece osservati i buchi neri che si trovano al centro della maggior parte delle galassie: un punto nello spazio in cui la materia è così compattata da creare un’intensa gravità

Questo nuovo modello modifica la teoria proposta per la prima volta da Hawking e dal collega fisico Bernard Carr, che sostenevano che nella prima frazione di secondo dopo il Big Bang, minuscole fluttuazioni nella densità dell’universo potrebbero aver creato un paesaggio ondulato con regioni “grumose” che avevano una massa maggiore.

Sarebbero dunque queste aree bitorzolute a essere collassate in buchi neri primordiali.

buchi neri
Infografica che mostra le differenze della storia dell’universo tra il modello standard attuale e quello che prevede i buchi neri primordiali. Credit: ESA

Tuttavia, quella teoria non ottenne un seguito scientifico, gli astrofisici suggeriscono nel loro studio che potrebbe essere invece valida apportando alcune lievi modifiche. Il loro modello mostra come le prime stelle e galassie si sarebbero formate attorno ai buchi neri nell’universo primordiale, e gli stessi buchi neri primordiali avrebbero avuto la capacità di trasformarsi in corpi supermassicci banchettando con gas e stelle nelle loro vicinanze, o fondendosi con altri.

I buchi neri primordiali, se esistono, potrebbero essere i semi da cui si formano tutti i supermassicci, incluso quello al centro della Via Lattea.

I primordiali possono anche risolvere un altro enigma cosmologico: l’eccesso di radiazione infrarossa, sincronizzata con la radiazione di raggi X, che è stata rilevata da fonti lontane e fioche sparse nell’universo. Gli autori dello studio hanno affermato che la crescita dei buchi neri primordiali presenterebbe “esattamente” la stessa firma di radiazioni.

E se le prime stelle e galassie si sono già formate nella cosiddetta ‘era oscura’, il James Webb Telescope dovrebbe essere in grado di vederne le prove.

Non ci resta che attendere.

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