Osservata una stella abbastanza massiva da collassare in un buco nero, ma inaspettatamente sopravvissuta per oltre un giorno prima di farlo.

Il rilevamento del segnale, designato GRB 180618A, risale al giugno 2018 ed è stato rilevato con l’osservatorio spaziale Neil Gehrels Swift Observatory della NASA. Successivamente, il telescopio automatizzato Liverpool Telescope ne ha osservato il bagliore residuo nello spettro ottico dalle Isole Canarie. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal.

Fusione tra le stelle di neutroni di un sistema binario con emissione nel gamma, nell’ottico e non solo.

Il breve lampo di raggi gamma è stato emesso quando due stelle di neutroni si sono fuse tra loro in una galassia che dista circa 10.6 miliardi di anni luce da noi.

La sua analisi ha rivelato che, invece di formare subito un buco nero, il prodotto immediato della fusione è stata una stella di neutroni molto più pesante della massa massima stimata per oggetti del genere. Questo evento ha fatto notizia perché non ci si aspettava che una stella di neutroni così massiva potesse esistere per tempi così lunghi.

Facciamo un passo indietro per capire cos’è una stella di neutroni.

I nuclei di stelle con massa compresa tra circa 8 e 30 volte quella solare concludono la propria evoluzione collassando su loro stesse formando stelle con masse dell’ordine di quella del Sole, ma comprese in un diametro paragonabile a quello terrestre (per approfondire, consiglio Cos’è e come è fatta una stella di neutroni). Questi corpi celesti prendono il nome di “stelle di neutroni”.

Vi è, però, un limite superiore per la loro massa, superata la quale questi oggetti collassano in buchi neri in un tempo, si pensava, più breve di quello recentemente misurato.

Nota, ora, che la maggior parte delle stelle di neutroni binarie ha una massa combinata che supera il limite di massa superiore teorico per le stelle di neutroni – proprio come nell’evento in questione; quando esse si scontrano, rilasciano un lampo di radiazione ad alta energia di breve durata a cui segue una controparte elettromagnetica.

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Rappresentazione artistica della nube di detriti calda, densa e in espansione strappata dalle stelle di neutroni poco prima che si scontrassero. Copyright: NASA’s Goddard Space Flight Center/CI Lab.

Per la prima volta, analizzando tutte queste emissioni, però, si è riscontrato che il materiale stellare rilasciato nell’esplosione si espandeva a velocità relativistiche; ciò può essere spiegato ammettendo che, dopo la fusione delle due stelle di neutroni iniziali, vi fosse una stella di neutroni finale ad alta rotazione e con un campo magnetico particolarmente intenso che ha “resistito” circa 28 ore prima di collassare in un buco nero, nonostante avesse massa superiore al limite stabile consetito.

Più precisamente, dalle stime è risultato che essa ruotava su se stessa tra un centinaio e un migliaio di volte al secondo, e generava un campo magnetico un migliaio di volte più intenso rispetto al valore tipico per una stella di neutroni (già di per sè, quest’ultimo, migliaia di miliardi di volte più intenso di quello terrestre).

Per ora, il gruppo di ricerca ha suggerito che proprio l’alta velocità di rotazione e l’intenso campo magnetico potrebbero aver impedito al materiale, almeno entro un certo periodo di tempo, di collassare rapidamente.

Questo risultato potrebbe fornire nuovi indizi circa la struttura interna di questi strani corpi celesti. Approfondire lo studio di tali stelle, oltretutto, potrebbe aiutarci a capire meglio le leggi che governano i campi magnetici in condizioni così estreme da essere impossibili da ricreare nei laboratori sulla Terra.

Fonti: The Astrophysical Journal, The Guardian.

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