Una spedizione oceanica ha recuperato dal Pacifico i resti del meteorite IM1, caduto nel 2014, confermando la sua origine interstellare.

Nel gennaio del 2014 un meteorite illuminò i cieli andandosi a schiantare nell’oceano Pacifico meridionale, vicino alla Papua Nuova Guinea. La NASA registrò l’oggetto con il nome di CNEOS 20140108 successivamente rinominato IM1 perché secondo i calcoli si tratterebbe in un meteorite proveniente dall’esterno del Sistema Solare. A giugno un gruppo di scienziati del Galileo Project, un team formato alcuni anni fa per spiegare l’origine interstellare di Oumuamua, ha recuperato i resti del meteorite dando la notizia che tutti aspettavano: l’origine interstellare del meteorite M1 è stata confermata.

Il recupero dei resti

Cometa Leonard
Cometa Leonard. Credit: Daniele Gasparri

La spedizione di giugno 2023 — guidata dallo scienziato capo della spedizione, l’astrofisico dell’Università di Harvard Avi Loeb e coordinata dal leader della spedizione Rob McCallum delle spedizioni EYOS — ha recuperato dal fondale marino centinaia di sfere metalliche ritenute ineguagliabili a qualsiasi altro leghe esistenti nel nostro Sistema Solare.

Le prime analisi mostrano che alcune “sferule” della meteora contengono abbondanze estremamente elevate di berillio, lantanio e uranio, etichettate come una composizione “BeLaU” mai vista prima. Queste sferule mostrano anche rapporti isotopici del ferro diversi da quelli trovati sulla Terra, sulla Luna e su Marte, il che implica del tutto un’origine interstellare. La perdita di elementi volatili non riscontrati è invece coerente con la combustione di IM1 durante l’ingresso nell’atmosfera terrestre.

La spedizione ha recuperato un numero significativo di sferule utilizzando una mappa termica sviluppata dalle statistiche di rilevamento. Il team del laboratorio di Harvard, guidato da Stein Jacobsen, ha trovato sferule di tipo “BeLaU” di composizione extrasolare solo in queste regioni ad alto rendimento. Questo modello non ha precedenti nella letteratura scientifica e potrebbe aver avuto origine dalla differenziazione in un oceano di magma su un esopianeta con un nucleo di ferro.

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Materiale raccolto nel sito di IM1 che mostra una sferula ricca di ferro di 0,4 millimetri di diametro (freccia bianca) su uno sfondo di altri detriti. Credit: Harvard Universiti/Galileo Project

Le immagini al microscopio elettronico di alcune delle sferule raccolte mostrano compositi massicci sbilenchi, indicando fusioni di piccole sferule all’interno del volume della palla di fuoco. La composizione di “BeLaU” è estremamente diversa rispetto ai materiali del Sistema Solare, con la produzione di berillio attraverso la spallazione di nuclei più pesanti da parte dei raggi cosmici che subiscono nel viaggio interstellare.

Avi Loeb è l’autore principale dell’articolo del team della spedizione presentato per la pubblicazione in una rivista scientifica e attualmente sottoposto a revisione paritaria. Le sferule continueranno ad essere analizzate da quattro laboratori in tutto il mondo, presso l’Università di Harvard, l’UC Berkeley, la Bruker Corporation e l’Università della Tecnologia in Papua Nuova Guinea (Unitech, PNG), utilizzando gli strumenti più avanzati nel loro genere. Gli attuali risultati dimostrano il successo della prima spedizione esplorativa e, in attesa di analisi approfondite, hanno aperto la strada a una seconda spedizione che intende raccogliere ulteriori dati.

Fonte: Harvard University, Paper Scientifico