Una simulazione della NASA racchiude le visualizzazioni dei buchi neri conosciuti più vicini al nostro sistema solare.

Le stelle nate con più di 20 volte la massa del Sole finiscono la loro vita come buchi neri.
Come suggerisce il nome, i buchi neri non sono a noi visibili perché nulla può sfuggirgli, nemmeno la luce. Fino al 2015, quando gli astronomi hanno rilevato per la prima volta una fusione di buchi neri attraverso increspature spazio-temporali chiamate onde gravitazionali, il metodo principale per trovare questi misteriosi oggetti era quella di cercarli in sistemi binari dove interagivano con le stelle compagne emettendo raggi X.

Una nuova visualizzazione realizzata dalla NASA mostra 22 sistemi binari a raggi X nella nostra galassia, la Via Lattea e nella sua vicina più vicina, la Grande Nube di Magellano, che ospitano buchi neri di massa stellare confermati. I sistemi sono rappresentati con la stessa scala fisica, a dimostrazione della loro diversità. Il loro movimento orbitale è invece stato accelerato di quasi 22.000 volte mentre l’angolo di visione replica come li vediamo dalla Terra.

La simulazione NASA che mostra i buchi neri a noi conosciuti più vicini al sistema solare. Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center and Scientific Visualization Studio

Le caratteristiche della simulazione

Se abbinato a una stella, un buco nero può raccogliere materia in due modi.
In molti casi, un flusso di gas può fluire direttamente dalla stella al buco nero. In altri, come il primo sistema di buchi neri confermato, Cygnus X-1, la stella produce un denso deflusso chiamato vento stellare, in parte accumulato dall’intensa gravità del buco nero. Finora, non c’è una risposta definitiva su quale modalità venga utilizzata da GRS 1915, il grande sistema al centro della visualizzazione.

Quando arriva nelle vicinanze del buco nero, il gas entra in orbita e forma una struttura ampia e appiattita chiamata disco di accrescimento. Il disco di accrescimento di GRS 1915 può estendersi per oltre 80 milioni di chilometri, una misura maggiore della distanza che separa Mercurio dal Sole. Il gas nel disco si riscalda mentre si muove lentamente a spirale verso l’interno, brillando di luce visibile, ultravioletta e nei raggi X.  

I colori delle stelle vanno dal blu-bianco al rossastro, rappresentando temperature da 5 volte più calde al 45% più fredde del nostro Sole. Poiché i dischi di accrescimento raggiungono temperature ancora più elevate, mostrano una combinazione di colori differente. 

La prima foto di un buco nero elaborata dall’Event Horizon Telescope nel 2019. Credit: Event Horizon Telescope Collaboration/EPA

Mentre i buchi neri sono mostrati su una scala che riflette le loro masse, tutti sono raffigurati molto più grandi che nella realtà. Il buco nero del Cygnus X-1 pesa circa 21 volte di più del Sole, ma la sua superficie, chiamata orizzonte degli eventi, si estende per soli 124 chilometri. Le sfere sovradimensionate celano anche le distorsioni visibili che sarebbero prodotte dagli effetti gravitazionali dei buchi neri.

Riferimenti: NASA