In questi corpi celesti così misteriosi la gravità domina su qualsiasi altra cosa, al punto che nulla dal suo interno può uscirne, neanche la luce. Ecco a cosa ci riferiamo quando parliamo di buco nero.

Era il 10 aprile 2019 quando restavamo tutti a bocca aperta mentre ammiravamo la prima incredibile foto di un buco nero. Era stata ottenuta da un team di ricerca internazionale e realizzata incrociando le osservazioni di complessi radiotelescopi e interferometri in tutto il mondo. Molti si aspettavano un’immagine più dettagliata, certo, fatto sta che ci ha permesso di fare un ulteriore passo avanti per capire meglio com’è fatto un buco nero.

La foto ha ricordato anche il famoso wormhole di Interstellar, disegnato da Christopher Nolan con l’aiuto del fisico Kip Thorne. Nel film, tra l’altro, si fa riferimento al fatto che siamo così abituati ad associare l’immagine di un buco nero ad un cerchio, che spesso non riusciamo ad immaginare come potrebbe essere nella realtà. Il punto è che per descriverlo ci viene più facile trasformare lo spazio tridimensionale in due dimensioni. Ecco perché abbiamo sempre rappresentato i buchi neri come cerchi. E cosa diventa un cerchio in due dimensioni? Una sfera. O, per dirla come nel film, “un buco sferico”.

Com’è fatto un buco nero. Credit: Nasa/Jeremy Schnittman

Com’è fatto un buco nero?

La NASA ha provato a simulare un’immagine più dettagliata del buco nero appartenente alla galassia Messier 87, fotografato due anni e mezzo fa. Nell’illustrazione possiamo ammirare il buco nero all’interno dell’ombra circondata da un disco di materiale gassoso caldissimo, tutto intorno. Gli scienziati sono dell’idea che esista almeno un buco nero supermassiccio al centro di ogni galassia, compresa la Via Lattea. Le galassie, come sappiamo, non stanno ferme, ma ruotano attorno al loro centro: mentre la materia “cade”, tutto intorno si forma un disco di materiale gassoso che viene continuamente espulso a causa della rotazione. È il famoso disco di accrescimento (di colore rosso brillante).

Cosa differenzia questi colori (giallo, arancione, rosso)? Le diverse velocità con cui il materiale gassoso orbita nel disco. Più ci avviciniamo al centro del buco nero, più la velocità è maggiore. Di conseguenza, più ci si allontana dal centro, più i colori degli strati di gas si attenuano. La luce, che prima di essere risucchiata viene deflessa, genera una specie di anello. Al suo interno c’è il punto di non ritorno, dove qualsiasi cosa non può più uscire dal buco nero: l’orizzonte degli eventi.

Questa simulazione ci aiuta a visualizzare perfettamente ciò che intendeva Einstein con la teoria della relatività. Immaginate una pallina che scorre su un lenzuolo teso, dove la palla è la materia e il lenzuolo lo spaziotempo. La gravità estrema di un buco nero genera appunto un “buco”, dove materia e radiazione cadono letteralmente.

La simulazione della NASA. Credit: Credit: NASA/Jeremy Schnittman

La velocità di fuga

Fu John Archibald Wheeler, fisico statunitense venuto a mancare nel 2008, a coniare il termine “buco nero”. Nero perché non può emettere luce, mentre il fatto che nessuna particella di materia o radiazione possa uscirne è la ragione del termine “buco”. Si ritiene che i buchi neri siano il frutto di implosioni di masse stellari sufficientemente elevate e ne esistono di diversi tipi: supermassicci, di massa intermedia, stellari e i micro buchi neri. Ognuno di questi viene classificato in base alla sua massa, o alla sua origine.

Sappiamo per certo che i buchi neri più comuni nell’universo sono caratterizzati da una certa massa, dall’assenza di carica elettrica e dal cosiddetto momento angolare, una grandezza fisica che serve a descrivere il moto di rotazione di un corpo attorno ad un centro.

Quando invece parliamo di velocità di fuga ci riferiamo alla velocità necessaria ad un corpo per opporsi e in qualche modo “sfuggire” all’attrazione del campo gravitazionale. Dipende dalla massa e dal raggio del corpo celeste ed è facilmente intuibile che più sarà forte il campo gravitazionale generato, maggiore sarà la sua velocità di fuga.

L’orizzonte degli eventi

Abbiamo già ribadito che quando qualcosa cade in un buco nero, non può più uscirne. Una delle caratteristiche principali di questi corpi celesti è l’orizzonte degli eventi, quella zona in cui la velocità di fuga e quella della luce si equivalgono. Purtroppo questo non può essere visibile da un osservatore esterno, ma sappiamo che la forma di questo “punto di non ritorno” è pressoché sferica. Se un raggio di luce passasse vicino all’orizzonte degli eventi, ma comunque fuori, verrebbe solo incurvato dall’attrazione gravitazionale del buco nero. Se dovesse oltrepassare l’orizzonte, invece, non potrebbe più uscirne.

Il punto in cui la curvatura dello spaziotempo tende a infinito, invece, è chiamato singolarità, ma di questo parleremo in un prossimo articolo.

Una scena del film “Interstellar”

Riferimenti:

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