Tra le dieci scoperte dell’ultimo decennio, alla POSIZIONE 3 troviamo la prima immagine dell’orizzonte degli eventi di un buco nero: M87*

Piu’ di 100 anni fa, Einstein derivo’ una teoria geometrica della gravita’, la Relativita’ Generale, che descrive la gravita’ in termini di deformazione dello spazio-tempo. In poche parole, la materia e’ la causa della deformazione dello spazio, e questa deformazione dice alla materia (e non solo) come muoversi. Una delle conseguenze dirette di questa teoria, fu che se in qualche modo si concentra abbastanza materia in uno spazio molto ristretto, si potrebbe arrivare al punto di “bucare” lo spazio tempo, in modo che nemmeno la luce possa a questo punto scappare. Un oggetto del genere e’ per questo chiamato buco nero, e fino a prima dell’Aprile 2019 la sua esistenza era solo teorizzata dalla Relativita’ Generale di Einstein, senza pero’ che nemmeno uno fosse mai stato ripreso. Nei pannelli in basso della figura 1 avete la prima immagine diretta in assoluto del buco nero supermassiccio M87*. Vedete quegli anelli luce? E’ la luce emessa dal materiale in caduta verso il buco nero, riscaldato per frizione fino a milioni di gradi. Ma nelle regioni piu’ interne, in prossimita’ dell’orizzonte degli eventi, persino i fotoni stessi orbitano intorno al buco nero!

Figura 1: La simulazione numerica tramite supercomputers di M87*. Credits: Ayakama et al. 2019
Figura 1: Le immagini di M87*. Credits: Ayakama et al. 2019

Tanta bravura… e un pizzico di fortuna

Fino a poche settimane prima di questa foto storica, non vi era un’idea precisa di come potesse apparirci un buco nero. Il meglio che potevamo fare era compiere simulazioni numeriche tramite supercomputers, come quella rappresentata nei pannelli superiori della figura. Ma intanto gli sforzi per fotografare per davvero uno di questi mostri erano gia’ in atto da tempo. I ricercatori decisero di concentrarsi sulla galassia M87, a 55 milioni di anni luce da noi, al cui centro alberga un mostro da 6 miliardi e mezzo di soli compressi in un singolo punto, che determina quasi l’intero budget energetico della galassia. Ma come produrre un’ immagine cosi’ risolta da raffigurare un tale incredibile oggetto? Si penso’ di coinvolgere diversi telescopi in tutto il mondo, sincronizzati tramite orologi atomici, in modo che nel momento in cui ricevettero il segnale elettromagnetico dal buco nero, fu possibile unire tutti i dati insieme per generare questa grandiosa immagine. Ma ci fu anche un pizzico di fortuna! I buchi neri sono tra gli oggetti spazialmente piu’ piccoli nell’universo. La luce dalla regione di M87 viaggio’ attraverso tutto il mezzo intergalattico, galattico per poi passare attraverso la nostra atmosfera. A quel punto, il caso ha voluto che il diametro del nostro pianeta fosse appena il giusto per poter ottenere una risoluzione sufficiente per avere la risoluzione minima necessaria dell’immagine!! Infatti, la risoluzione angolare di un telescopio dipende dal diamettro della sua apertura, e sincronizzando gli 11 osservatori aderenti al progetto sparsi per il globo (tra i quali abbiamo anche ALMA, che a sua volta comprende 66 antenne sincronizzate tra di loro nel deserto di Atacama, e molti altri come mostrato in figura 2) si e’ ottenuto l’equivalente di un singolo radiotelescopio con un’apertura pari al diametro terrestre. Per ora, ovviamente, non si puo’ fare di piu’… ma se la Terra avesse avuto un diametro appena minore, non sarebbe stato possibile ottenere un’immagine sufficientemente risolta!

Figura 2: Le posizioni di alcuni degli osservatori aderenri alla collaborazione EHT. Credits: Ayakama et al. 2019

Ancora piu’ incredibile fu la quantita’ di dati raccolti per questa mastodontica ricerca. Ogni osservatorio ha prodotto una quantita’ di dati dell’ordine del Petabite. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, in un petabite potreste tranquillamente immagazzinare 1000 volte tutte le fotografie fatte nel corso della vostra vita. Tale quantita’ di dati non poteva essere trasmessa online, bensi’ si dovette spedire tutti gli hard-disk per aereo in un unico punto per essere elaborati. Nessuno poteva avere idea del risultato finale, che fu infine grandioso, come l’immagine finale che qui potete ammirare. Cerchiamo di capirla ancora meglio, notando innanzitutto che vi sono alcune zone piu’ luminose di altre. Cio’ che sta succedendo e’ che la materia in caduta verso il buco nero ruota intorno ad esso in un cosiddetto “disco di accrescimento”. Ne risulta che gas nella parte inferiore dell’immagine corrisponde alla porzione di gas che, nel suo moto orbitale, ci viene incontro, mentre quello nella porzione superiore si allontana da noi, dando come risultato due segnali a frequenze diverse della luce emessa a causa dell’effetto doppler: una frequenza maggiore in corrispondenza della parte piu’ luminosa, una frequenza piu’ bassa da quella meno brillante. Inoltre, il nostro intero Sistema Solare starebbe comodamente dentro quel cerchio scuro, il cui bordo corrisponde all’orizzonte degli eventi, il punto oltre il quale nulla puo’ sfuggire al buco nero, nemmeno la luce.

Prossimo obiettivo, Sagittarius A*!

Ma non e’ finita qui. I ricercatori stanno gia’ lavorando per fotografare un altro mostro, a noi forse piu’ familiare perche’ in effetti ce lo abbiamo in casa: Sagittarius A*. Si tratta del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, circa 1000 volte piu’ piccolo di M87, ma anche 1000 volte a noi piu’ vicino, e quindi richiedente la stessa risoluzione gia’ raggiunta per raffigurare con successo un buco nero. Chissa’ che aspetto avra’… forse tra non molto lo scopriremo!

Fonti:

Akiyama et al.; The Astrophysical Journal Letters, Volume 875, Issue 1, article id. L1, 17 pp. (2019).

Per ascoltare direttamente le parole di uno dei leaders della collaborazione EHT –> https://www.youtube.com/watch?v=uyMtsyzXWd4

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