Atacama, il deserto più secco del mondo. Astronomi professionisti, o semplici appassionati, qui possono osservare l’Universo in tutta la sua straordinaria bellezza.

Di Daniele Gasparri

Mi trovo nel deserto di Atacama, Cile, da circa due anni e mezzo. Per un appassionato di astronomia non c’è luogo migliore (e più sicuro) al mondo per osservare un cielo notturno di assoluta bellezza. In quasi 30 mesi ho visto cose che non credevo possibili ma ancora ricordo quella notte in cui arrivai a quasi 5000 metri di quota, con la mia auto da città, per osservare il cielo migliore che abbia mai visto. A 230 km dalla città, nella parte sud del deserto lontana anni luce dai fasti di San Pedro de Atacama, 800 km più a nord, sulle rive di una laguna incastonata tra le spoglie vette alte fino a 7 mila metri della Cordigliera delle Ande.

La Via Lattea ripresa dall’Atacama. Credit: Daniele Gasparri

Aspettai la notte in auto, protetto dal freddo e dal vento; poi mi feci coraggio e uscii, con l’obiettivo di percorrere i circa 200 metri che mi separavano dalle acque della laguna. Non so se fosse la mia sensazione di allora, o quella di adesso che distorce la realtà del ricordo, ma io non avevo mai visto una notte tanto scura. Il terreno scuro, vulcanico, era un pozzo nero che ingoiava tutto. La torcia del mio telefono era quasi inutile, perché era impossibile vedere più in là del ristretto fascio luminoso. Impressionante! Mi accorsi subito che sarebbe stato difficile orientarsi.

La Grande e la Piccola Nube di Magellano. Credit: Daniele Gasparri

Con molta fatica e il vento contrario percorsi le poche centinaia di metri che mi separavano dalle rive della laguna. Mi resi conto di essere arrivato all’acqua perché era brillante. Non per la luce della flebile torcia del telefono, né per qualche improbabile fenomeno di bioluminescenza. Non erano neanche allucinazioni dovute all’alterazione della vista a causa della scarsa presenza di ossigeno. Ci pensai abbastanza, perché i contrasti, i colori e la sensibilità dell’occhio si alterano oltre i 4000 metri di altezza. Alcune persone riportano addirittura un notevole abbassamento dell’acutezza visiva, con il risultato che vedono meno stelle nonostante un cielo più trasparente. Però non mi sembrava di avere questo tipo di problemi; tutt’altro! Le agitate acque della laguna erano brillanti perché riflettevano la luce naturale del cielo. La luce zodiacale e il centro della Via Lattea, a circa 40° dall’orizzonte, erano una combinazione perfetta, una dimostrazione di potenza assoluta dell’Universo che non avrei mai pensato di osservare. Il contrasto con il terreno scuro ha probabilmente alterato la mia percezione, ma io una luce zodiacale tanto brillante da riflettersi nell’acqua non pensavo fosse possibile vederla.

La Via Lattea e la luce zodiacale si riflettono nelle acque di una sperduta laguna nel cuore del deserto di Atacama. A sinistra una foto da 30 secondi. A destra la visione a occhio nudo. Anche se priva di colori, i contrasti sono di indescrivibile bellezza. Chi ha mai visto una Via Lattea tanto scolpita?

Mentre scrivo riesco ancora a muovermi in quella scena surreale, spinto alle spalle da un vento teso che sembrava volesse avvicinarmi ancora di più all’Universo. Ricordo che a un certo punto lasciai cadere le braccia, le allungai di fronte a me, mi guardai le mani e le vidi illuminate dalla luce del Cosmo. Pensai che in quel momento gli atomi che compongono il mio corpo stavano brillando della luce generata dal luogo dal quale provenivano.

Da lì, dalle profondità del Cosmo, da un angolo indefinito della nostra Galassia, gli atomi delle mie mani si sono formati. Hanno viaggiato per migliaia di anni luce e per miliardi di anni. Si sono persi e poi ritrovati tutti insieme in un punto della Galassia dove sarebbe nato il Sole e un pianeta chiamato Terra. Mentre l’Universo continuava a evolvere, questi atomi hanno partecipato all’evoluzione della vita. Sono passati da specie in specie, hanno vissuto forse milioni di vite in chissà quale angolo del Pianeta e alla fine si sono trovati qui, con me, parte di me, del mio corpo e della mia coscienza. Gli atomi delle mie mani, della mia testa e della mente, hanno attraversato le indicibili distanze che mi separavano da quel muro di luce cosmica e si sono coalizzati per darsi una coscienza. Non so se e quanto ricorderanno di questa brevissima esperienza chiamata vita, ma io quella notte sono sicuro di aver assaporato per un eterno istante tutte le avventure che loro hanno vissuto prima di incontrarsi su di me.

Articolo redatto dall’astrofisico e divulgatore scientifico Daniele Gasparri. Qui trovate il suo nuovo libro: Atacama: il paradiso dell’astronomia