Il Giappone annuncia che rilascerà nell’ Oceano Pacifico l’acqua contaminata utilizzate per il raffreddamento dei reattori a seguito dell’incidente nucleare di Fukushima

“Alea iacta est!” Queste furono le parole di Giulio Cesare prima di attraversare il Rubicone, come a dire che la decisione è presa e non si torna indietro. Lo stesso, forse con meno poesia, ma con altrettanto clamore, è stato fatto dal governo giapponese, che in merito al problema dello smaltimento dei fusti d’acqua contaminata immagazzinati nella centrale nucleare di Fukushima, ha annunciato la decisione di sversarne il contenuto nell’Oceano Pacifico. Inutile a dirsi, le polemiche non sono tardate ad arrivare. Ambientalisti, gruppi di pescatori locali, Cina e Corea del Sud, tutti hanno hanno espresso un forte dissenso e anche un certo gradi di preoccupazione in merito alla decisione presa. Ma quanto davvero bisogna preoccuparsi?

Qualità e Quantità: una questione di prospettiva

Quelli di Hiroshima e Nagasaki , Chernobyl e poi Fukushima, sono eventi destinati a lasciare il segno nella memoria umana, finendo, purtroppo, per alimentare uno spettro chiamato “paura del nucleare”. Così, ogniqualvolta si nomina la parola con la “N” (nucleare per l’appunto), subito l’opinione pubblica è pronta a far partire la “caccia alle streghe”. Anche in questo caso nulla e cambiato e alla sola idea di acqua contaminata e radioattiva sversata in mare la pelle si è accapponata, la bocca contorta e lo sguardo inorridito. Eppure, se analizziamo la cosa dalla giusta prospettiva notiamo come quella che inizialmente sembrava una montagna in realtà è soltanto un sasso.

Quantità

La quantità di acqua “radioattiva” stoccata a Fukushima è di 1, 25 milioni di tonnellate, all’incirca la stessa acqua contenuta in un cubo il cui lato è lungo 100 metri o in 500 piscine olimpioniche, apparentemente tanta, ma che diventa poco più di una goccia se paragonata all’Oceano Pacifico (760 milioni di km cubi!) in cui essa verrà riversata. Vi è poi da aggiungere che gli sversamenti non saranno effettuati in zone concentrate ed in tempi ristretti, bensì il tutto avverrà su di un’area molto estesa e nell’arco di un decennio ergo, l’acqua di contenuta nei fusti di Fukushima sarà estremamente diluita, molto più che di 1 grammo di zucchero in 100 litri d’acqua, giusto per fare un esempio.

Qualità

Oltre che le quantità, è giusto analizzare e soffermarsi anche sulla qualità, ovvero capire bene in che modo questa decisione possa alterare la radioattività delle nostre acque e della fauna che le abita. Per onestà intellettuale, bisogna specificare che la radioattività è una caratteristica intrinseca a diversi ambienti naturali ed è associata ad una più o meno elevata presenza, negli stessi, di isotopi radioattivi, anch’ essi naturali. Nel caso degli oceani, questi non sono esenti dalla presenza di radioattività, che, seppur in minima concentrazione, c’è e convive perfettamente con il bioma senza alterarne le caratteristiche. D’altra parte, noi quotidianamente siamo a contatto con oggetti radioattivi, che siano essi cibo, vedi le banane che contengono un isotopo radioattivo del Potassio (Potassio 40), o oggetti di uso comune come le vecchie sveglie le cui lancette si illuminano al buio perché rivestite da una vernice contenete Radio.

Conclusioni

In altri termini ancora una volta sono le quantità e le qualità a quantizzare il pericolo e in questo specifico caso è zero. Possiamo stare tranquilli e se vi capita di pescare o vedere pesci con tre occhi, fate attenzione a cosa avete bevuto!

CREDITI: https://jdarchive.org/en/item/2907403

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