Il telescopio Chandra della NASA ha individuato delle supernove i cui raggi X potrebbero provocare estinzioni di massa a oltre 100 anni luce.

In uno studio recentemente pubblicato su The Astrophysical Journal da Ian Brunton, Connor O’Mahoney e Brian Fields (Università dell’Illinois), Adrian Melott (Università del Kansas) e Brian Thomas (Washburn University nel Kansas), è stata identificata una nuova minaccia dallo spazio per pianeti come la Terra. Grazie ai dati del Chandra X-ray Observatory della NASA, del Swift Gamma Ray Burst Explorer, della missione NuSTAR, dell’osservatorio XMM-Newton dell’ESA e di altri telescopi, gli autori della ricerca hanno identificato una nuova minaccia per la vita su pianeti come il nostro: i raggi X che vengono emessi durante le esplosioni stellari, infatti, possono colpire pianeti distanti oltre cento anni luce da tali eventi.

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Le implicazioni sull’abitabilità degli esopianeti

Rappresentazione artistica di: una supernova nelle vicinanze di un pianeta simile alla Terra, in particolare ospitante la vita (sopra); il residuo di supernova alcuni decenni dopo l’evento, quando sul pianeta ha già avuto luogo un’estinzione di massa (sotto). Crediti: NASA/CXC/M.Weiss.

La nuova minaccia consiste in un’onda d’urto che colpisce il gas denso che circonda la stella esplosa. Quando si verifica questo impatto, una considerevole dose di raggi X può raggiungere un pianeta simile alla Terra a partire da mesi o anni dopo l’esplosione, e ciò può durare per decenni. Come anticipato, da un’esposizione così intensa potrebbe seguire un evento di estinzione di massa presso pianeti abbastanza vicini.

Lo studio in questione si è basato sulle osservazioni a raggi X di trentuno supernove. Dall’analisi di queste ultime è risultato che anche i pianeti situati a circa 160 anni luce di distanza possono essere soggetti a dosi letali di radiazione.

I raggi X potrebbero alterare gravemente la composizione chimica dell’atmosfa dei pianeta. Per un esopianeta simile al nostro, difatti, potrebbe essere spazzata via una porzione importante di ozono, il quale protegge la vita dalla radiazione ultravioletta proveniente dalla propria stella. Potrebbe portare, inoltre, alla scomparsa di un’ampia gamma di organismi. In particolare quelli marini alla base della catena alimentare, portando così a un evento di estinzione.

Dopo anni di esposizione a questi raggi X, l’interazione della supernova e l’impatto della già citata radiazione ultravioletta, si potrebbe produrre una gran quantità di biossido di azoto, causando una sorta di foschia scura nel cielo. Non solo. Potrebbe verificarsi anche un ‘de-greening‘ (traducibile come ‘una perdita del verde’) delle masse terrestri a causa di danni alle piante.

In fine, abbiamo importanti prove, come il rilevamento di un isotopo radioattivo di ferro in diverse località del mondo, che le supernove si sono verificate tra circa 65 e 500 anni luce dalla Terra tra circa 2 e 8 milioni di anni fa.

Sebbene il Sistema Solare sia attualmente in uno spazio al sicuro dalle supernove, molti altri pianeti nella Via Lattea non lo sono. Questi eventi riducono quindi la cosiddetta ‘zona galattica abitabile’, dove le condizioni sarebbero appunto favorevoli alla vita così come la conosciamo.

Fonte: NASA.

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