Capire le origini dell’ isotopo radioattivo alluminio-26 è cruciale per comprendere al meglio i processi di nucleosintesi nelle stelle, l’evoluzione dell’Universo e la nascita del nostro Sistema Solare. Questa la motivazione alla base di un nuovo studio compiuto da una collaborazione tra fisici nucleari e astrofisici.

Un’immagine della Via Lattea alla quale non siamo molto abituati, ripresa nei fotoni gamma con un’energia ben precisa, 1.809 MeV. Si tratta della linea di emissione prodotta dal decadimento radioattivo dell’alluminio-26, uno degli isotopi instabili dell’elemento chimico alluminio appunto.

La Via Lattea ripresa nei fotoni gamma a 1.809 MeV. Credit: The COMPTEL Collaboration

E cosa ci sarebbe di interessate? Innanzitutto, l’alluminio-26 ha un tempo di vita media intorno a un milione di anni, qualcosa come meno di un decimillesimo dell’eta’ della Via Lattea, simile a cio’ che sarebbe un giorno a confronto dell’intera vita di un essere umano. Questo vuol dire che l’alluminio-26 visibile in questa immagine (la cui massa totale equivale a poco meno di 3 masse solari) sta venendo prodotto in tempo reale! Non e’ stato formato in epoche remote da generazioni stellari passate, in quanto altrimenti sarebbe gia’ decaduto e quindi invisibile. Insomma, tutto cio’ rappresenta una prova osservativa diretta di processi di nuclesintesi e formazione di nuovi elementi chimici tutt’ora in corso. E dove sta avvenendo tutto cio’? Si evince chiaramente come l’emissione sia in primis concentrata sul disco galattico, soprattutto in regioni come i dintorni della Nebulosa della Carena, nella quale troviamo numerosi ammassi aperti che ospitano molte delle stelle piu` massicce della Via Lattea (come Eta Carinae), e la Nebulosa delle Vele, al cui interno troviamo una famosa pulsar prodotta dall’immane esplosione di una stella di grande massa come supernova. Non a caso, le stelle di grande massa (con una massa iniziale superiore alle 10 masse solari) sono le principali produttrici di alluminio-26 nella Galassia, contribuendo per circa il 70% del suo contenuto. Abbiamo poi una fetta di poco inferiore al 30% proveniente dalle novae, ovvero le esplosioni termonucleari sulla superficie di nane bianche che accrescono materiale ricco di idrogeno da una compagna, e infine un piccolo (qualche per cento) contributo proveniente dalle stelle AGB.

E non e’ finita qui. Possiamo infatti anche osservare un eccesso di magnesio-26, l’isotopo “figlio” del decadimento dell’alluminio-26, all’interno di alcuni meteoriti nelle calcium–aluminum-rich inclusions (CAI), i primi solidi che si sono formati nel Sistema Solare. Cio’ costituirebbe una prova della presenza di una stella di grande massa (probabilmente una stella Wolf-Rayet) nelle immediate vicinanze della nebulosa da cui si sarebbe formato il Sole, forse addirittura essendo la causa principale che ne ha iniziato il progressivo collasso da cui la nostra stella (e quindi anche noi!) si sarebbe formata.

Un nuovo studio

Di conseguenza, far luce sulle origini dell’alluminio-26 è cruciale per la nostra comprensione non solo dei processi di nucleosintesi nelle stelle, ma anche dell’evoluzione della Galassia e della nascita del nostro Sistema Solare. E per fare cio’, abbiamo bisogno di dati scientifici molto accurati, in modo da poter riprodurre cio che osserviamo in cielo tramite sofisticate simulazioni numeriche. Uno di questi dati riguarda l’efficienza delle reazioni nucleari di distruzione dell’alluminio-26 all’interno delle stelle, un dato storicamente molto incerto. Ebbene, e’ con molta soddisfazione che uno studio dedicato proprio a questo, a mia prima firma, e’ stato da poco pubbicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. In tale lavoro, sono state calcolate le abbondanze di alluminio-26 prodotte sia dalle stelle di grande massa che dalle stelle AGB di piccola massa, utilizzando una nuova misurazione delle reazioni nucleari di distruzione dell’alluminio-26 effettuata dalla collaborazione nTOF presso il CERN di Ginevra. I risultati teorici sonosati poi confrontati con vari dati osservativi, come le abbondanze di alluminio-26 all’interno di granuli presolari estratti da materiale meteoritico, constatando come il tutto sia confluito in una maggiore accordanza tra i modelli teorici di stelle AGB e i dati osservativi. Allo stesso tempo, si e’ constatato come permanga un problema riguado i modelli di supernove da stelle massicce, che continuano anche con questi nuovi dati a produrre un abbondanza di alluminio-26 relativa all’alluminio-27 significativamente inferiore a quanto osservato nei granuli meteoritici. Siamo insomma sulla buona strada, pur dovendo ancora confrontarci con domande aperte e notevoli incertezze di varia natura che ancora sussistono.

Referenze:

Umberto Battino, Claudia Lederer-Woods, Marco Pignatari, Benjámin Soós, Maria Lugaro, Diego Vescovi, Sergio Cristallo, Philip J Woods, Amanda Karakas, Impact of newly measured 26Al(n, p)26Mg and 26Al(n, α)23Na reaction rates on the nucleosynthesis of 26Al in stars, Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, 2023;, stad106, https://doi.org/10.1093/mnras/stad106