Dopo aver scoperto negli anni ’90 gli unici tre esopianeti in orbita attorno a una pulsar, un team di astronomi ha cercato di rilevarne di nuovi.

Un team di astronomi del Jodrell Bank Center for Astrophysics dell’Università di Manchester ha effettuato il monitoraggio di un campione di 800 pulsar per ricercare la presenza di esopianeti, e ha presentato un documento con i risultati delle loro osservazioni.

Le pulsar sono stelle di neutroni in rapida rotazione che sono altamente magnetizzate ed emettono fasci di radiazioni elettromagnetiche dai loro poli. Quando uno dei poli è puntato verso la Terra, possiamo vederlo, come se fosse specie di faro che le navi osservano per localizzare un porto. È noto che le pulsar emettono onde radio, luce visibile, raggi X e persino raggi gamma. Quando una pulsar ruota, tali emissioni sono visibili a intervalli di pochi millisecondi. Questi intervalli sono molto precisi, più accurati di un orologio atomico, e questo rende le pulsar strumenti utili per gli astronomi.

Pulsar
Rappresentazione artistica di PSR B1257+12, una pulsar distante 2.300 ly nella costellazione della Vergine. Ha tre pianeti conosciuti, chiamati Draugr, Poltergeist e Phobetor, gli unici esopianeti in orbita attorno a delle pulsar ad essere stati scoperti. Credit: Pablo Carlos Budassi (CC BY-SA 4.0)

Pulsar ed esopianeti

Gli intervalli così precisi rendono le Pulsar ideali per la ricerca di pianeti intorno a loro. Anche una leggera variazione nella loro tempistica si tradurrebbe nel fatto che la pulsar si sta muovendo, e ciò significa che uno o più pianeti potrebbero disturbare la sua rotazione. Per questo, la ricerca di esopianeti attorno alle pulsar, è chiamata “metodo di temporizzazione delle pulsar”.
Di solito il metodo del transito è quello più comune per cercare esopianeti.
Ciò implica osservare la luce di una stella e riscontrare cali regolari nella sua luce. Un calo nella luce delle stelle potrebbe segnalare la presenza di un pianeta in transito davanti alla stella, e se il calo si ripete regolarmente, è la prova di un oggetto nella sua orbita. 

Il problema nell’utilizzo del metodo del transito con una pulsar è la sua intrinseca distorsione di selezione. È molto più facile rilevare grandi pianeti perché bloccano più luce stellare. È anche più facile trovare pianeti in orbita vicino alle loro stelle perché orbitano più rapidamente e causano cali di luce stellare più frequentemente.

Ma il tempismo della pulsar è diverso.
Poiché i tempi delle pulsar sono così precisi, anche i piccoli pianeti possono disturbare le pulsar a sufficienza per segnalare la loro presenza. I pianeti rilevati intorno al PSR B1257+12 all’inizio degli anni ’90 erano più piccoli della maggior parte degli esopianeti trovati con il metodo del transito – il più piccolo dei tre aveva solo 0,02 masse terrestri. Per fare un confronto, nel 2019 il più piccolo esopianeta mai trovato con il metodo di transito era l’80% delle dimensioni della Terra.

E nonostante la precisione del timing delle pulsar, ci sono diversi altri problemi da risolvere.
La rilevabilità dei pianeti intorno alle pulsar è anche limitata dalla presenza del cosiddetto “rumore temporale” che si manifesta come un processo di disturbo a lungo termine nella rotazione della pulsar. Ciò rappresenta un’ulteriore complicazione nella ricerca di oggetti planetari poiché, non solo il rumore potrebbe mascherare la sua presenza, ma persino “imitarla”.

Il team ha dovuto quindi creare un modello dell’effetto che un pianeta ha su una pulsar.
Quando una pulsar fa parte di un sistema binario (con una stella o un pianeta), ruota attorno al centro di massa del sistema, muovendosi rispetto all’osservatore sulla Terra.
Quel movimento crea un leggero ritardo nel segnale che raggiunge la Terra, conosciuto come “ritardo di Rømer”.

Questa nuova ricerca di esopianeti intorno a 800 pulsar si è basa sui dati esistenti delle pulsar presso il Jodrell Bank Centre.

Ma qual è la probabilità di trovare più esopianeti attorno alle pulsar?
Le pulsar sono oggetti estremi la cui storia è disseminata di una continua serie di catasfrofi, e l’apparente rarità di sistemi come quello del PSR B1257+12 potrebbe essere una conseguenza delle condizioni estreme in cui queste stelle si formano. Le pulsar sono stelle di neutroni e le stelle di neutroni hanno origini disastrose. Iniziano come stelle massicce tra circa 10 e 25 masse solari. Alla fine della loro vita di fusione regolare, queste stelle esplodono come supernove e poi collassano in stelle di neutroni ultradense fatte di materia degenerata di neutroni.
È altamente improbabile che un pianeta possa sopravvivere a un simile scenario.

La sopravvivenza dei pianeti

I pianeti potrebbero formarsi dopo l’esplosione della supernova? È possibile.

Uno scenario possibile sarebbe quello in cui un pianeta si forma attorno a una coppia binaria di stelle e poi viene catturato dalla stella di neutroni dopo una collisione tra di esse. Il pianeta potrebbe anche essere sopravvissuto alla successiva evoluzione del sistema iniziale verso un sistema di stelle di neutroni. Il sistema risultante consisterebbe in una normale pulsar con compagni planetari in orbite eccentriche. Ma questi tipi di pianeti sarebbero molto rari perché richiederebbero un ambiente molto specifico per garantire la sopravvivenza dei pianeti.

Un secondo scenario potrebbe essere più probabile.
In questo caso, la supernova espelle un’enorme quantità di materiale quando esplode, scagliandolo nello spazio ad alta velocità. Ma parte della materia potrebbe non sfuggire alla gravità della restante stella di neutroni e formare invece un disco protoplanetario che in seguito formerebbe i pianeti.
In questo caso sarebbe possibile avere una pulsar normale circondata da pianeti di massa relativamente piccola su orbite circolari.

È possibile anche un terzo scenario. In questo caso, un pianeta non sarebbe altro che un residuo di una stella di neutroni in una coppia binaria di stelle di neutroni. La stella sopravvissuta alla disgregazione con l’altra sarebbe un pianeta fatto quasi interamente di diamanti.

E queste sono solo tre delle possibilità di formazione dei pianeti attorno alle pulsar: uno degli scopi della ricerca di nuovi esopianeti attorno a delle pulsar è quella di restringere queste possibilità in un quadro meglio compreso.

Pianeti
Rappresentazione artistica dei pianeti in orbita attorno alla pulsar PSR B1257+12. Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC)

I risultati della ricerca

Dall’analisi dei dati è risultato che è altamente improbabile che almeno due terzi delle nostre pulsar possano ospitare pianeti superiori a 2 ~ 8 masse terrestri. Meno dello 0,5% delle pulsar potrebbe ospitare pianeti terrestri grandi come quelli noti per orbitare attorno alla PSR B1257+12 (di circa 4 masse terrestri) scoperta nel 1992. Tuttavia, il pianeta più piccolo di quel sistema (circa 0,02 masse terrestri) non sarebbe rilevabile nel 95% dei casi con il metodo delle pulsar, poiché nascosto dal rumore temporale e da quello prodotto dagli strumenti stessi.

15 pulsar del campione hanno mostrato alcune irregolarità, ma non erano necessariamente pianeti. La grande magnetosfera attorno alle pulsar può infatti causare periodicità irregolari. 

Alla fine solo una singola pulsar tra le 800 osservate è risultata adatta a ospitare pianeti, la PSR J2007+3120 che potrebbe avere una coppia di esopianeti. L’analisi di PSR J2007+3120 ha rivelato un’oscillazione coerente con un oggetto planetario dal periodo orbitale di 723 giorni, anche se le prove di un secondo pianeta non sono così forti e potrebbero trattarsi di semplice rumore.

Si conferma quindi l’ipotesi che la formazione di pianeti attorno alle pulsar sia molto rara e PSR B1257+12 scoperto nel 1992 è un caso molto speciale che, per il momento, rimane l’unica pulsar ad ospitare pianeti delle dimensioni della Terra. Ma, con il miglioramento della tecnologia, gli astronomi potrebbero trovare modi più efficaci di osservare più piccoli attorno alle pulsar rimuovendo i disturbi nel segnale.

Per quanto riguarda l’abitabilità di tali pianeti, seppur non sia l’obbiettivo di questa ricerca, rimane estremamente improbabile. La regione intorno alle pulsar è proibitiva, con potenti campi magnetici che potrebbero devastare qualsiasi pianeta nelle vicinanze. E le pulsar sono stelle di neutroni, quindi non c’è fusione in atto.

Potrebbero dunque queste stelle così dense, fatte di materia di neutroni degenerata, che ruotano rapidamente e generano campi magnetici estremi, ospitare pianeti?

È assai improbabile.

Riferimenti: