Lo studio dell’orbita anomala di un stella di dimensioni simili al Sole ha rivelato la presenza del buco nero più vicino al nostro sistema solare.

Un buco nero è un corpo celeste con una massa talmente grande da non far uscire da esso neanche la luce. Questi mostri cosmici vennero teorizzati già nel 1916, con Karl Schwarzchild che partì dallo studio della relatività generale. Da allora gli scienziati hanno osservato diverse tipologie di buchi neri, fino a scoprire i buchi neri supermassicci, SMBH, presenti al centro delle galassie. Il metodo principale usato per trovare questi oggetti è il cosiddetto metodo indiretto. In sostanza si studiano le anomalie delle radiazioni o dell’orbita di un corpo celeste quando si trova vicino a un buco nero.

Buco Nero
Questa rappresentazione artistica mostra le orbite degli oggetti nel sistema triplo HR 6819, costituito da un sistema binario interno con una stella (orbita in blu) e il buco nero appena scoperto (orbita in rosso), nonché da un terzo oggetto, un’altra stella, su un’orbita più ampia (anche questa in blu). Credit: ESO

Una Via Lattea piena di buchi

Il telescopio Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha tracciato un miliardo di corpi celesti nell’universo per ottenere il modello 3D della Via Lattea. Grazie a questi dati l’astrofisico Kareem El-Badry dell’Harvard Society Fellow ha trovato il sistema binario stella-buco nero più vicino mai osservato finora. La stella, chiamata Gaia BH1, è di dimensioni G (una stella gialla, come il sole) e il buco nero è un cosiddetto buco nero “dormiente”. Un buco nero dormiente non emette radiazioni causate dall’interazione con la stella del suo sistema. Sono buchi neri difficili da trovare con i metodi tradizionali e questo sarebbe il primo scoperto nella Via Lattea.

Sorge quindi una domanda spontanea: ce ne sono altri? Gli scienziati hanno teorizzato l’esistenza di circa 100 milioni di questi corpi celesti nella Via Lattea, ma solo 20 di questi sono stati catalogati registrando le radiazioni emesse. Finora quindi i buchi neri dormienti erano difficili da osservare a causa proprio dell’assenza di questa radiazione di fondo. Ma l’utilizzo di questa tecnica indiretta, già usata anche per gli esopianeti, aprirebbe nuove possibilità di scoperta di tanti altri di questi corpi celesti, ancora avvolti dal mistero.

Fonte: Universetoday