La rete internazionale di ricercatori SNAD ha trovato, grazie all’IA ad albero k-D, 11 nuove anomalie spaziali. Questa nuova scoperta, pubblicata su New Astronomy, apre la strada a una ricerca automatizzata con le IA.

L’intelligenza artificiale (IA) è utilizzata per velocizzare molti studi ed operazioni che richiederebbero tempo per essere conclusi. Per questo motivo una rete internazionale di ricercatori chiamata SNAD, la utilizza per studiare e catalogare le anomalie che avvengono nello spazio. Nello specifico una IA ad albero k-D, ossia ai sistemi più vicini, ha aiutato il gruppo a pubblicare su New Astronomy il ritrovamento di 11 nuovi eventi spaziali anomali. Questi eventi, di estremo interesse, possono essere supernove ed eventi di interruzione di maree di nuclei galattici attivi.

GREGOR
A sinistra: il telescopio GREGOR a Tenerife, in Spagna. A destra: il laboratorio ottico recentemente riprogettato di GREGOR. Credit: L. Kleint, KIS.

Dalla ricerca manuale all’intervento dell’IA

“Osserva e analizza”. Questa è la parola d’ordine di uno scienziato durante la sua ricerca e vale anche per l’astronomia. Per un astronomo studiare lo spazio significa osservarne una sua porzione e analizzarlo per ottenere un modello fisico che descriva la realtà osservata. Questo fino al 20esimo secolo era relativamente semplice grazie al volume ridotto delle osservazioni. Successivamente però si è complicata drasticamente con l’avvento delle osservazioni su larga scala.

Per fare un esempio, la Zwicky Transient Facility (ZTF) raccoglie, con la sua telecamera ad ampio campo, 1.4TB di dati, la stessa memoria di un PC e mezzo, con miliardi di oggetti rilevati, in una sola notte! L’analisi di un numero cosi elevato di dati richiede molto tempo ed energie. Per questo il team di ricercatori SNAD, composto da Russia, Francia e Stati Uniti, ha cercato un nuovo metodo per poter elaborare in modo più efficiente ed efficace questa mole di lavoro. Dalla ricerca è nata l’IA ad albero k-D. Ma come funziona?

Come funziona l’IA ad albero k-D?

Per descrivere l’IA è imprescindibile descrivere prima la raccolta e l’elaborazione dei dati. Dall’osservazione con lo ZTF, un astronomo ricerca nello spazio la presenza di curve di luce che lampeggiano. Successivamente studia l’andamento dei picchi d’intensità della luce, se si riduce, aumenta o rimane costante nel tempo. Vengono cosi costruiti dei modelli descrittivi che contengono più di 40 parametri, tra cui l’ampiezza della luce emessa dall’oggetto esaminato e la frequenza di emissione

Qui entra in gioco l’IA: l’albero k-D indica come l’intelligenza artificiale suddivide lo spazio. Questo metodo suddivide in successione lo spazio che deve analizzare utilizzando varie tecniche geometriche, come piani, iperpiani, linee e punti. Dando quindi in pasto all’IA dei modelli che descrivono le anomalie spaziali di interesse, diventa in grado di riconoscerle e isolarle in uno spazio di ricerca ridotto.

Grazie a questo metodo, il team di scienziati ha confermato i risultati di ricerca precedentemente ottenuti e ha scoperto 11 nuove anomalie spaziali precedentemente sfuggite. Il risultato darà in futuro una enorme spinta nella ricerca di questi eventi e una riduzione del rischio di perderli durante le analisi.