Al-Farghānī, astronomo persiano del IX d.C., era indubbiamente conosciuto in Occidente. Dante Alighieri e Cristoforo Colombo ne sono testimoni

Noto nell’Occidente latino come Alfraganus, Abū l-ʿAbbās Aḥmad ibn Kathīr al-Farghānī (805-861 d.C.) nacque nell’attuale Uzbekistan, nella regione del Ferghana, e fu uno degli astronomi persiani attivi nella Baghdad del califfo abbaside al-Maʾmūn. Oltre a queste informazioni, della sua vita si sa ben poco se non che, in seguito, visse anche al Cairo, dove, su ordine del califfo al-Mutawakkil, supervisionò la costruzione del famoso nilometro di Roda. Così come molti dei suoi colleghi del tempo, conosceva bene l’opera di Tolomeo. Di questa realizzò il miglior compendio tra tutti, il quale ebbe grande popolarità in Oriente così come in Occidente, dove cominciò a circolare in seguito ad alcune traduzioni in latino. Fu tradotto la prima volta da Giovanni da Siviglia nel 1135, successivamente anche da Gherardo da Cremona. Al-Farghānī è attualmente ricordato sulla superficie del nostro satellite naturale con un cratere intitolato a lui e chiamato, appunto, cratere Alfraganus.

Cratere Alfraganus dalla camera panoramica di Apollo 16.
Credit: Wikipedia. Link: https://en.wikipedia.org/wiki/Alfraganus_(crater)#/media/File:Alfraganus_crater_AS16-P-4548.jpg

Elementi di astronomia sui moti celesti

Il suo compendio sull’Almagesto, dal titolo originale Kitāb fī Jawāmiʿ ʿIlm al-Nujūm كتاب في جوامع علم النجوم (Compendio sulle Scienze delle stelle), ma anche conosciuto come Elementa Astronomica o Libro sull’aggregazione delle stelle, consiste in 30 capitoli che, però, non corrispondono per intero all’opera tolemaica. Il primo capitolo, infatti, riporta i nomi dei mesi e dei giorni secondo i calendari arabo, siriano, persiano, egizio e romano, descrivendone le differenze. In aggiunta, nel suo compendio, al-Farghānī introduce le misure sul diametro dei pianeti e revisiona alcuni dei calcoli di Tolomeo, quelli relativi alla distanza dei pianeti dalla Terra, agli apsidi del Sole e della Luna, alla circonferenza terrestre e all’inclinazione dell’asse terrestre.

Trattato sull’astrolabio

Oltre al suo lavoro più conosciuto, scrisse anche uno studio dedicato all’astrolabio. Tra gli astronomi arabi non fu certamente l’unico, ma il lavoro di al-Farghānī spicca per la sua importanza. In questo trattato, più che dare indicazioni tecniche sulla costruzione di un astrolabio, lo scienziato si preoccupa di fornire i principi matematici per la sua realizzazione e funzionamento, a cui aggiunge delle tavole con dei valori utili alla costruzione di astrolabi in grado di operare al variare della longitudine. Tutt’oggi resta una fonte imprescindibile sui fondamenti matematici che regolano la costruzione di questo strumento.

Le conoscenze astronomiche di Dante

“Mercurio è la più picciola stella del cielo, che la quantitade del suo diametro non è più che di dugento trentadue miglia, secondo che pone Alfragano, che dice quello essere de le ventotto parti una de lo diametro della terra, lo quale è sei milia cinquecento miglia.” (Dante, Convivio, II, XIII)

L’astronomia di al-Farghānī era conosciuta da Dante e fa la sua apparizione in diversi passi del Convivio. In alcuni casi, per le nozioni astronomiche presentate nel suo saggio, il poeta fiorentino ha attinto a piene mani dalla traduzione in latino dell’opera dell’astronomo persiano. In un altro caso – Convivio, II, V – Dante cita espressamente il Libro dell’aggregazione delle stelle. Già nella Vita Nuova, relativamente alla data della morte della sua amata Beatrice, aveva fatto ricorso alle informazioni fornite da al-Farghānī sui nomi dei mesi secondo il calendario siriano. È ragionevole pensare che le conoscenze astronomiche apprese leggendo Alfraganus siano poi confluite anche nella Commedia.

Cristoforo Colombo e la circonferenza della Terra

Colombo al cospetto della Regina, un dipinto del 1843 di Emanuel Gottlieb Leutze.
Credit: Wikipedia. Link: https://en.wikipedia.org/wiki/Christopher_Columbus#/media/File:Emanuel_Gottlieb_Leutze_-_Columbus_Before_the_Queen.JPG

Alla fine del ‘400, per affrontare il viaggio – e soprattutto per incitarne il finanziamento – che avrebbe dovuto condurlo alle Indie, secondo quella che credeva la rotta più breve, Cristoforo Colombo si era rifatto ai valori forniti da al-Farghānī per il calcolo della circonferenza della Terra. Non avendo considerato il valore più preciso fornito da Eratostene di Cirene (59.5 miglia nautiche per grado all’equatore), Colombo aveva deciso di fare riferimento al calcolo dello scienziato persiano (56.67 miglia nautiche) riformulato e corretto a partire dal dato tolemaico (50.3 miglia nautiche). In più, Colombo commise un errore di valutazione credendo che l’astronomo persiano avesse utilizzato il miglio romano, quando in realtà si trattava del miglio arabo. L’errata interpretazione lo condusse a sottostimare l’effettiva circonferenza terrestre del 25%, un equivoco che, sommato ad ulteriori inesattezze nei suoi calcoli, non solo gli consentì di intraprendere questo viaggio ma anche di scoprire, casualmente, le Americhe.

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