Lui si chiama Gianluca Belgrado ed è di Lecce. È riuscito a fotografare il Salento dallo spazio, solo con telecamera e cellulare. Ecco come ha fatto.

Ha costruito una sonda fatta in casa e l’ha spedita fino al confine con l’atmosfera. L’impresa è di un ragazzo di Casarano, Gianluca Belgrado, 23 anni, appassionato di astronomia e di fotografia spaziale. Mercoledì 5 luglio, un quarto d’ora prima delle 11, ha lanciato un pallone gonfiato con l’idrogeno verso il cielo. La sonda, molto artigianale, trasportava una videocamera e un cellulare incastrate dentro una scatola di polistirolo. Durante le due ore di volo il pallone ha raggiunto l’altezza di oltre 26mila metri e poi è scoppiato, non prima però di aver girato un breve video e scattato più di mille foto.

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L’impresa di Gianluca Belgrado

Gianluca ha detto: «Volevo fare una foto alla curvatura terrestre». A vederle le foto sembrano uguali a quelle che scattarono gli astronauti americani delle missioni Apollo. Oggi la tecnologia aiuta moltissimo grazie agli smartphone e alle app, ma fare una sonda stratosferica in casa, con pochi mezzi, e lanciarla nell’atmosfera, non è roba da poco.

Questo ragazzo, autodidatta, appassionato di astrofotografia sin da piccolo, è riuscito a costruirne una, a farla decollare e a spingerla fino ai confini dell’atmosfera. Gianluca pensava a questo progetto da circa due anni. Al Messaggero spiega: «Il mio obiettivo era portare la fotocamera in alta quota, per vedere la curvatura terrestre e il cielo nero. Era anche un test per il recupero del pallone dopo la caduta», spiega Gianluca con l’aria di chi ha fatto una cosa del tutto normale.

«Purtroppo la videocamera si è scaricata dopo i 10.000 metri di altezza e ha registrato solo un terzo dei video che poteva fare – spiega Gianluca Belgrado un po’ deluso – in compenso il cellulare ha fatto più di mille scatti. Nelle foto si vede un accenno di curvatura terrestre, il cielo nero in pieno giorno e all’orizzonte anche la Calabria, l’Albania e l’isola di Corfù. Il lancio è stato un’impresa complessa da gestire, a causa della vicinanza col mare. Tra progettazione, test, ricerche e autorizzazioni per lo spazio aereo sono trascorsi più di due anni dall’inizio del progetto. Durante i mesi estivi, i venti sono più calmi, tuttavia c’era comunque una probabilità del 60% di ammaraggio, rendendo il recupero dell’attrezzatura forse impossibile». Alla fine, però, è andato tutto per il meglio e il test è riuscito.

Riferimenti: Il Messaggero