Uno studio descrive in dettaglio il flyby conosciuto più vicino al nostro sistema solare: una nana rossa che avrebbe attraversato la Nube di Oort

Un gruppo di astronomi provenienti da Stati Uniti, Europa, Cile e Sud Africa ha determinato in uno studio del 2015 che 70.000 anni fa è probabile che una debole stella scoperta di recente sia passata attraverso la lontana Nube di Oort. Nessun’altra stella si è mai avvicinata così tanto al nostro sistema solare, cinque volte più vicina di Proxima Centauri. Gli scienziati hanno analizzato la velocità e la traiettoria di questo sistema stellare di piccola massa soprannominato “stella di Scholz”. Qui approfondimento sulla Nube di Oort.

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Traiettoria e caratteristiche

Gli astronomi spiegano nell’articolo che sono sicuri al 98% che il piccolo sistema stellare sia passato attraverso quella che è nota come la “Nube di Oort” – una regione ai margini del sistema solare piena di trilioni di comete di circa 1,7 km o più di diametro che si pensa diano origine a comete di lungo periodo in orbita attorno al Sole dopo che le loro orbite sono state perturbate. Durante gli studi si era notato che la stella di Scholz aveva un insolito mix di caratteristiche: nonostante fosse abbastanza vicina (“solo” 20 anni luce di distanza), mostrava un moto apparente molto lento. Le misurazioni della velocità radiale effettuate, tuttavia, hanno mostrato che la stella si allontanava dal sistema solare a una velocità considerevole. Le conclusioni hanno portato gli scienziati a considerare queste caratteristiche come il frutto di due possibili scenari: o la stella si stava avvicinando al nostro sistema solare o in passato l’aveva già fatto. Verosimilmente le misurazioni della velocità radiale erano coerenti con la sua fuga dai confini del sistema solare; era chiaro che la stella di Scholz doveva aver avuto un sorvolo ravvicinato in passato.

Stella sistema solare
Credit: Michael Osadciw/University of Rochester

Lo studio

Per calcolare la sua traiettoria gli astronomi avevano bisogno di entrambi i dati – la velocità tangenziale e la velocità radiale. Queste misurazioni sono state effettuate utilizzando gli spettrografi su grandi telescopi sia in Sudafrica che in Cile: rispettivamente il Southern African Large Telescope (SALT) e il telescopio Magellano all’Osservatorio di Las Campanas. Una volta messe insieme tutte le informazioni, gli scienziati hanno capito che la stella di Scholz si stava allontanando dal nostro sistema solare e ricreato la sua orbita a ritroso fino alla sua posizione di 70.000 anni fa, quando i modelli indicavano che si avvicinava di più al nostro Sole. Oltre alla stella di Scholz l’altra candidata favorita al sorvolo ravvicinato alla nube di Oort è stata la cosiddetta “stella canaglia” HIP 85605, che si prevedeva si sarebbe avvicinata al nostro sistema solare tra 240.000 e 470.000 anni; purtroppo recenti studi hanno dimostrato che la distanza originale da HIP 85605 era probabilmente sottostimata di un fattore dieci, la nuova traiettoria calcolata non la porterebbe all’interno della Nube di Oort.

Alcuni dettagli sulla stella di Scholz

La stella di Scholz è una piccola nana rossa nella costellazione del Monoceros, a circa 20 anni luce di distanza. Tuttavia, nel punto più vicino del suo sorvolo al sistema solare, la stella di Scholz sarebbe stata una stella di magnitudine 10, circa 50 volte più debole di quanto si possa normalmente vedere ad occhio nudo di notte. Tuttavia è magneticamente attiva, il che può far sì che tali stelle “brillino” e diventino per un breve periodo migliaia di volte più luminose del solito. Quindi è possibile che la stella di Scholz possa essere stata visibile ad occhio nudo dai nostri antenati 70.000 anni fa per minuti o ore durante rari eventi di brillamento. La stella fa parte di un sistema stellare binario composto da se stessa, una nana rossa di piccola massa (con una massa pari a circa l’8% di quella del Sole) e la sua compagna, una “nana bruna” (con una massa pari a circa il 6% di quella del Sole). Le nane brune sono considerate “stelle fallite”; le loro masse infatti sono troppo basse per fondere l’idrogeno nei loro nuclei come una “stella”, ma sono molto più massicce di giganti gassosi come Giove.

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