Urano potrebbe avere due lune con oceani sotterranei che stanno rilasciando particelle nel suo sistema.

Secondo un nuovo studio, due delle lune di Urano potrebbero avere oceani sotterranei attivi che stanno pompando materiale nello spazio. La consapevolezza che nel sistema di Urano potrebbe accadere di più di quanto si credesse in precedenza è arrivata attraverso la scoperta di strane caratteristiche nei dati sulle radiazioni raccolti dalla sonda Voyager 2 della NASA mentre passava sul pianeta quasi quattro decenni fa. Ora alcune nuove scoperte riguardanti le lune Ariel e Miranda sostengono anche l’idea che i cinque maggiori satelliti di Urano potrebbero avere oceani sotterranei, ipotesi già suggerita dalle osservazioni ravvicinate della Voyager 2. 

Un team ha esaminato le radiazioni e i dati magnetici raccolti dal veicolo spaziale nel 1986, anni prima della sua uscita dal sistema solare. Le osservazioni riportate di Voyager 2 – attualmente l’unico veicolo spaziale ad aver visitato Urano – hanno mostrato che un paio delle 27 lune conosciute del gigante di ghiaccio stanno aggiungendo particelle di plasma nel sistema di Urano.

Il rilascio di particelle

Urano
Urano. Credit: NASA

Questo rilevamento è avvenuto sotto forma di particelle energetiche “intrappolate” che il veicolo spaziale ha individuato mentre lasciava il gigante di ghiaccio. Il meccanismo con cui Miranda e/o Ariel potrebbero farlo è attualmente sconosciuto, ma c’è una possibile causa molto allettante: una o entrambe le lune ghiacciate potrebbero possedere un oceano liquido sotto la loro superficie ghiacciata che sta attivamente facendo esplodere pennacchi di materiale nello spazio.

Simili lune che rilasciano particelle esistono attorno a Nettuno, il gigante di ghiaccio del sistema solare compagno di Urano e i giganti gassosi Giove e Saturno. Nel caso della luna di Giove Europa e di Encelado di Saturno, è stato l’esame dei dati delle particelle e del campo magnetico a fornire i primi indizi che si tratta di lune oceaniche. 

Non è raro che le misurazioni di particelle energetiche siano un precursore della scoperta di un mondo oceanico. Da alcuni anni gli scienziati sostengono che le misurazioni delle particelle energetiche e del campo elettromagnetico sono importanti non solo per comprendere l’ambiente spaziale, ma anche per contribuire alla più ampia indagine scientifica planetaria.

Le particelle sono risultate essere confinate vicino all’equatore magnetico di Urano, un comportamento strano perché le onde magnetiche all’interno del sistema normalmente causerebbero la diffusione delle particelle. Ma queste erano situate vicino vicino all’equatore del pianeta, tra Ariel e Miranda. Il team ha dovuto anche eliminare la possibilità che le particelle rilevate dalla Voyager 2 potessero essere il risultato del volo della navicella attraverso un flusso casuale di plasma proveniente dalla coda della magnetosfera di Urano. In tal caso però, le loro caratteristiche avrebbero una diffusione di particelle più ampia di quella individuata dalla Voyager 2, consentendo loro di escluderla come spiegazione per l’insolita caratteristica dei dati.

Un paragone con le altre lune

Ricostruzione grafica di Urano e dei suoi anelli
Credits: Sky Tonight App\Vito Tecnologies

Il team ha quindi iniziato a esplorare semplici modelli fisici, utilizzando le conoscenze già consolidate sulle lune oceaniche sviluppate nel corso degli ultimi anni. Ciò ha indicato che quelle caratteristiche particelle potevano provenire solo da una fonte forte e consistente, con un meccanismo specifico per energizzarle.

Hanno escluso altre possibili spiegazioni, arrivando alla teoria che le particelle intrappolate provenissero da almeno una delle lune di Urano, con Ariel e/o Miranda i principali sospettati. Il team ritiene che le particelle siano state espulse sotto forma di un pennacchio di vapore simile a quelli visti eruttare da Encelado.

Un altro possibile meccanismo di espulsione è lo “sputtering”, un processo in cui particelle ad alta energia entrano in collisione con una superficie, innescando l’espulsione di altre particelle nello spazio. Qualunque meccanismo di espulsione sia all’opera nel sistema di Urano è comunque il medesimo che dà a queste particelle la loro energia. 

È probabile che questo meccanismo energizzante sia un flusso costante di particelle che fluiscono dalle lune nello spazio, generando onde elettromagnetiche. Queste onde accelerano quindi una piccola frazione di queste particelle a un’energia sufficientemente grande da essere rilevata dallo strumento LCEP. Questo processo manterrebbe anche le particelle intrappolate e quindi strettamente confinate, proprio come aveva osservato la Voyager 2.

Dovrebbero essere raccolti più dati dalla regione intorno a Urano prima che gli scienziati possano determinare in modo definitivo che le particelle provengono dagli oceani sotterranei su Ariel e/o Miranda. I risultati della ricerca rafforzeranno il desiderio degli scienziati planetari di inviare veicoli spaziali su Urano e Nettuno per raccogliere più dati, il che ha portato alla selezione di una missione da 4,2 miliardi di dollari su Urano come prossima grande missione planetaria della NASA. Questa missione non sarà pronta per il lancio fino all’inizio degli anni ’30, quindi nel frattempo i ricercatori stanno continuando a setacciare i vecchi dati raccolti durante il sorvolo della Voyager 2 per fare nuove scoperte. 

Riferimenti: Space

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