Cosa succede quando due galassie si scontrano? A quanto pare la fusione amplificherebbe le forze dei loro campi magnetici, ecco perché.

Prendiamo come esempio una delle galassie più luminose del cielo notturno, Centaurus A, nota per la sua forma a “S”. Ebbene, gli scienziati ritengono che questa particolare forma sia il risultato di uno scontro fra una galassia a spirale e un’altra galassia ellittica, avvenuto circa 100 milioni di anni fa.

Centaurus A
Ecco Centaurus A. Credit: Optical: European Southern Observatory (ESO) Wide Field Imager; Submillimeter: Max Planck Institute for Radio Astronomy/ESO/Atacama Pathfinder Experiment (APEX)/A.Weiss et al.; X-ray and Infrared: NASA/Chandra/R. Kraft; JPL-Caltech/J. Keene; SOFIA/L. Proudfit

In questa immagine molto emblematica, possiamo notare i campi magnetici mostrati come linee di flusso sulla galassia. In pratica l’immagine è un mix fra lunghezze d’onda visibili e submillimetriche (disegnate in arancione) catturate dall’European Southern Observatory e l’Atacama Pathfinder Experiment. Poi ci sono le lunghezze d’onda dei raggi X presi grazie a Chandra (di colore blu). Infine gli infrarossi catturati dal telescopio spaziale Spitzer (di color rosso scuro). La torsione centrale è un residuo del campo magnetico a forma di spirale di una delle due galassie originali, con un buco nero supermassiccio che spicca al centro della galassia che si è formata.

Cosa accade quando due galassie si scontrano?

Per la prima volta gli scienziati hanno mappato i campi magnetici di Centaurus A attraverso la luce infrarossa. I risultati hanno mostrato come la fusione delle due galassie originali abbiano creato non solo una nuova grande galassia, ma ha anche ampliato e combinato le forze dei loro campi magnetici. Queste nuove osservazioni sono state fatte grazie all’osservatorio aereo Sofia della Nasa, un telescopio montato su un Boeing 747SP modificato. Questi studi ci permettono di capire qualcosa in più su quello che era l’universo primordiale, che potrebbe essere stato modellato da fusioni galattiche grazie proprio all’influenza dei loro campi magnetici. I risultati di questi studi sono stati pubblicati su Nature Astronomy.

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