Un gruppo di studiosi ha ipotizzato che il misterioso Pianeta X in realtà sia il risultato di un difetto nella Teoria della Relatività Generale.

Il misterioso Pianeta X, che dovrebbe trovarsi da qualche parte oltre l’orbita di Plutone, finora è sfuggito a tutti i nostri sforzi per trovarlo. Ce l’abbiamo. È molto buio, molto freddo e molto lontano, il che non favorisce il rilevamento. E abbiamo solo una vaga idea di dove potrebbe essere dato che potrebbe trattarsi di un granello di sabbia sullo sfondo di un cielo oscuro. Diverse sono le ipotesi legate alla sua esistenza: non lo abbiamo ancora visto, non esiste per nulla o potrebbe essere soltanto uno sciame di rocce. Oppure, secondo una nuova ricerca condotta dai fisici dell’Hamilton College e della Case Western Reserve University, quello che abbiamo interpretato come prova dell’esistenza di un pianeta potrebbe invece essere un segnale che manca qualcosa al nostro attuale modello di gravità della Teoria della Relatività Generale.

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Un possibile errore della Relatività Generale?

Pianeta X
Rappresentazione artistica del Pianeta X. Credit: Caltech / R. Hurt (IPAC)

Secondo il loro recente studio, le sottili anomalie nelle orbite di vari oggetti che alcuni attribuiscono a un pianeta nascosto sono anche coerenti con un diverso tipo di modello gravitazionale, chiamato Dinamica Newtoniana Modificata (o MOND). Le leggi di Newton sono importanti, non c’è dubbio, ma non sono proprio perfette. E i difetti della legge di gravitazione universale di Newton furono risolti dalla teoria della relatività generale di Einstein.

MOND è una soluzione alternativa che propone che altri effetti gravitazionali subentrino quando l’accelerazione gravitazionale newtoniana scende al di sotto di una certa soglia. Poiché MOND può descrivere il comportamento gravitazionale delle galassie che non sembra essere legato alla materia normale – come curve di rotazione ed effetti di lente inaspettati – è un’alternativa interessante alla materia oscura. Ma le sue implicazioni non sono state studiate su scala più piccola.

L’esistenza del Pianeta Nove è stata dedotta sulla base di alcuni strani raggruppamenti orbitali osservati nel Sistema Solare esterno. Lì si possono trovare enormi quantità di piccole rocce ghiacciate, su grandi sentieri circumsolari. Il modo in cui alcune di queste rocce sono state osservate raggrupparsi insieme nelle loro orbite potrebbe suggerire che siano state radunate dall’influenza gravitazionale di un grande pianeta.

I fisici pensavano inizialmente che queste osservazioni di clustering potessero non essere compatibili con la MOND, così hanno intrapreso un’indagine, modellando le orbite degli oggetti della Fascia di Kuiper del Sistema Solare esterno per osservare come si comportano. Sorprendentemente, il risultato è stato un gruppo di rocce che si comportavano quasi esattamente come nel cluster osservato. I loro calcoli suggeriscono che, secondo la teoria MOND, alcuni degli oggetti nel Sistema Solare esterno dovrebbero essere trascinati, nel corso del tempo, in allineamento con il campo gravitazionale della galassia della Via Lattea.

Non è sufficiente affermare con sicurezza che MOND è responsabile dello strano comportamento di queste rocce lontane simulando la presenza di un pianeta e non ci sono neppure sufficienti dati per avere una conferma. Tuttavia, getta MOND nel mix di cose che potrebbero essere là fuori al posto del Pianeta Nove. Le simulazioni dinamiche consentirebbero un’indagine più dettagliata dell’ipotesi MOND e aiuterebbero a cementarla o a escluderla. Indipendentemente dal risultato questo lavoro evidenzia il potenziale del Sistema Solare esterno di fungere da laboratorio per testare la gravità e studiare problemi fondamentali della fisica.

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Fonte: Science Alert, Astronomical Journal