Un ricercatore sta studiando un nuovo sistema per miniaturizzare le batterie nucleari che consentirà di ampliare l’esplorazione dello spazio.

Con l’avanzare della scienza e della tecnologia le missioni spaziali all’avanguardia hanno bisogno di molta potenza per svolgere i loro compiti, e questo significa fonti di energia ingombranti e costose. È per questo che la NASA e altre agenzie spaziali sono alla ricerca di nuovi modi per miniaturizzare le batterie nucleari per esplorare lo spazio profondo. L’esplorazione dello spazio è un’impresa sempre più bisognosa di energia. Gli orbiter e le sonde possono svolgere i loro compiti utilizzando l’energia solare solo fino a Giove mentre le unità ioniche possono portare veicoli spaziali in regioni più distanti. Ma per comprendere veramente mondi distanti come le lune di Giove e Saturno, o anche il più distante Plutone, dovremo eventualmente far atterrare un rover e/o un lander su di essi proprio come abbiamo fatto su Marte.

Quelle missioni richiedono più potenza per funzionare e questo di solito significa MMRTG, ovvero generatori termoelettrici a radioisotopi, batterie che sfruttano il decadimento nucleare per generare calore ed energia. Ma sono ingombranti, pesanti e costosi, tre caratteristiche indesiderabili per i veicoli spaziali.

Una nuova frontiera

Credit: Stephen Polly.

Stephen Polly, ricercatore presso i NanoPower Research Laboratories del Rochester Institute of Technology, sta concentrando il suo lavoro su qualcosa di cui la maggior parte di noi probabilmente non ha mai sentito parlare: lo sviluppo, la crescita, la caratterizzazione e l’integrazione di materiali III-V mediante epitassia di fase vapore metallo-organica (MOVPE).

Sebbene ciò sembri complicato per i non addetti ai lavori, gli appassionati di astronomia possono facilmente identificarsi con l’idea a cui ha portato tutto il suo lavoro: un modo nuovo per alimentare le batterie delle missioni spaziali nei lunghi viaggi verso i pianeti esterni. Si chiama cella termoradiante (TRC), è simile a un MMRTG e Utilizza un radioisotopo come fonte di energia.

I TRC usano un radioisotopo come fanno gli MMRTG e si basano sul calore del decadimento radioattivo, ma c’è una differenza. Il decadimento riscalda il TRC, che quindi emette luce. La luce raggiunge quindi una cella fotovoltaica, che a sua volta produce elettricità. È un po’ come una combinazione tra un MMRTG e l’energia solare.

Ma l’idea di Polly è molto più piccola. Il suo dispositivo, alimentato da una fonte di calore a radioisotopi, consentirà un aumento di ordine di grandezza della potenza specifica di massa con una diminuzione di tre ordini di grandezza del volume rispetto a un generatore convenzionale.

Questi dispositivi potrebbero aiutare a rivoluzionare le nostre attività di esplorazione spaziale. Potrebbe portare a una proliferazione di veicoli spaziali più piccoli che non hanno bisogno di dispiegare grandi pannelli solari o trasportare MMRTG ingombranti e pesanti. I progressi tecnologici riducono continuamente i carichi utili scientifici, quindi se la fonte di energia può ridursi insieme a loro, un piccolo CubeSat potrebbe diventare molto più utile.

Plutone. Credit: NASA

Ciò consentirà missioni di piccoli satelliti inviati direttamente verso i pianeti esterni e la possibilità di svolgere operazioni in luoghi perennemente in ombra, come i crateri lunari polari. Il primo utilizzo della tecnologia potrebbe essere per la prevista missione su Urano del prossimo decennio e il ricercatore sta già studiando una possibile integrazione. L’idea di Polly si trova attualmente in una fase di selezione per il programma di concetti avanzati innovativi della NASA ed ha ricevuto finanziamenti per sviluppare ulteriormente l’idea.

Riferimenti: NASA, Universe Today

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