Tanti titoli allarmanti, sui principali giornali italiani. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica, però, ha già rassicurato tutti dicendo che non c’è nessun rischio radioattività a Chernobyl. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo.

Quella a cui stiamo assistendo da quasi 15 giorni non è solo una guerra combattuta al fronte e per le strade, ma anche una guerra di parole. È importante pesare certe cose perché mai come in questo momento c’è bisogno di un’informazione limpida, chiara e trasparente, che racconti ciò che sta succedendo attenendosi ai fatti (e ai dati scientifici, in questo caso). Dispiace constatare, in tal senso, che la macchina del terrore dei mass media italiani è caduta nella trappola mediatica dell’allarme sul rischio radioattivo nella centrale di Chernobyl, dopo che quest’ultima è stata occupata dai russi. Cerchiamo di fare chiarezza dicendo le cose come stanno.

Centrale nucleare di Chernobyl
La centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina. Credit: Mick De Paola (unsplash)

Non è vero che rischiamo un rilascio radioattivo, a Chernobyl

Piccolo excursus storico: il 26 aprile 1986 una serie di errori umani causò il più grande incidente nucleare della storia. Prima dell’invasione russa in Ucraina vi avevamo portato a Pripyat, la città fantasma dove avvenne la strage. Potete recuperare il nostro reportage qui.

Ma torniamo ai giorni nostri. Dopo l’occupazione russa della centrale di Chernobyl, l’operatore nucleare ucraino Energoatom ha fatto sapere che la centrale è senza energia elettrica (i russi l’hanno scollegata) e che questo potrebbe impedire il raffreddamento del combustibile nucleare esaurito. Il risultato? Un pericoloso rilascio di sostanze radioattive.

Detta così, fa indubbiamente paura. Solo che l’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha rassicurato tutti: “Nessun impatto sulla sicurezza, nonostante la perdita dei contatti di controllo da remoto”. E mentre Kiev lanciava l’allarme (un moriremo tutti rilanciato anche dai giornali italiani), l’Agenzia aggiungeva che visto il tempo trascorso dall’incidente del 1986, “il carico termico della vasca di stoccaggio del combustibile esaurito e il volume dell’acqua di raffreddamento sono sufficienti a garantire un’efficiente evacuazione del calore senza elettricità”. Ergo: non c’è bisogno di alcun tipo di raffreddamento. E pure da un bel pezzo.

Rilasciare sostanze radioattive? Non conviene nemmeno ai russi

Non c’è dubbio che i rischi maggiori siano legati al fatto che se un missile dovesse bombardare una delle centrali nucleari ucraine (come quella di Zaporizhzhia, ad esempio, la più grande d’Europa), le conseguenze sarebbero tragiche per tutti. Anche per i russi, certo. Non dimentichiamoci che Mosca dista solo 876 km da Kiev, quindi “ehi, quelli saranno pure pazzi, ma non pazzi al punto da farsi esplodere una bomba atomica sotto al culo” (concetto tra l’altro totalmente errato ma purtroppo luogo molto comune).

Una cosa è certa: è la prima volta che una centrale nucleare attiva si trova sotto il controllo di uno Stato “invasore”. E considerando che si tratta di sei reattori nucleari Vver-350, tecnologia di epoca sovietica che ha bisogno dell’uomo per funzionare, qualche piccola preoccupazione c’è.

Tra l’altro attaccando le centrali, la Russia ha violato l’articolo 56 del trattato di Ginevra (opere o installazioni che racchiudono forze pericolose non possono essere attaccate). Non solo, perché i 7 pilastri per la sicurezza nucleare sono: integrità delle strutture, rispetto delle procedure, lavorare senza stress e poter fare domande, avere il controllo logistico, monitorare le radiazioni, competenze e comunicazioni. Ben tre di queste voci sono state violate: internet e telefoni disconnessi (comunicazioni), comando preso dai russi (libertà azzerate) e taglio dell’elettricità (logistica senza interruzioni). Quella di Putin, comunque, è una mossa strategica: prendere il controllo dell’energia di un Paese non solo permette di trovarsi in una posizione di forza, ma indebolisce psicologicamente l’occupato e i suoi alleati.

Riferimenti: