Per decenni gli astrofisici hanno descritto le stelle massicce come “cipolle cosmiche”, con strati concentrici di elementi sempre più pesanti fino al ferro. La teoria era solida, ma mancavano prove dirette. Con la supernova 2021yfj, per la prima volta, abbiamo visto davvero uno di quegli strati nascosti. Una conferma epocale della nostra comprensione della vita e della morte delle stelle giganti.

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Quando una stella massiccia giunge al termine della sua vita, il suo destino è segnato da una delle esplosioni più spettacolari dell’universo: una supernova a collasso. Questi eventi non sono soltanto fuochi d’artificio cosmici, ma autentici laboratori naturali che plasmano una buona fetta degli elementi chimici alla base dei pianeti e, in ultima analisi, della vita. Nel 2021, gli astronomi hanno avuto la fortuna di osservare un’esplosione eccezionale, la supernova 2021yfj, che ha rivelato per la prima volta uno strato profondo e finora nascosto di una stella morente: un guscio ricco di silicio e zolfo, situato appena al di sopra del nucleo di ferro.

Riproduzione artistica di una stella massiccia morente che espelle una bolla di plasma arricchito di nuovi elementi chimici forgiati dalle reazioni nucleari al suo interno. Credit: W.M. Keck Observatory/Adam Makarenko

Le stelle massicce, con una massa inizione superiore a otto volte la massa del Sole, durante la loro esistenza formano attraverso reazioni di fusione nucleare elementi progressivamente sempre più pesanti, in una struttura “a cipolla”: idrogeno e elio negli strati esterni, carbonio e ossigeno più in profondità, fino al ferro al centro. Quando il nucleo di ferro supera una massa critica (il cosiddetto limite di Chandrasekhar), collassa sotto il proprio peso, dando origine a una stella di neutroni o a un buco nero e scatenando la supernova. Finora, però, questi strati interni erano rimasti invisibili. Normalmente, infatti, l’esplosione mescola violentemente i materiali interni, rendendo impossibile distinguere gli “strati di cipolla” chimici predetti dalle moderne teorie dell’evoluzione e nucleosintesi stellare. Ma nel caso di 2021yfj è accaduto qualcosa di raro: la stella aveva espulso il suo strato di silicio e zolfo poco prima dell’esplosione. Quando l’onda d’urto della supernova lo ha raggiunto, quel guscio si è illuminato, permettendo agli astronomi di identificarne chiaramente la composizione tramite spettroscopia.

Grandi conferme portano grandi domande

La scoperta conferma non solo la validità dei modelli teorici, ma pone anche nuove domande: come ha fatto la stella a perdere così tanta massa così in fretta? Gli scienziati ipotizzano episodi estremi di instabilità, pulsazioni violente, o persino l’influenza di una stella compagna in un sistema binario. In ogni caso, il fenomeno sfida i modelli convenzionali di perdita di massa stellare. Eventi come 2021yfj sono rarissima, forse uno ogni mille supernovae simili, ma la prossima generazione di telescopi, come il Vera C. Rubin Observatory, ne individuerà milioni nei prossimi anni. Tra queste, potremmo trovare altre “finestre” uniche che ci permetteranno di esplorare e comprendere meglio il cuore delle stelle.

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