Come si fa a mandare una sonda spaziale su un altro pianeta? Scopriamolo insieme

La meccanica orbitale è una materia complessa, per semplificare cominciamo a dire che, nell’universo, niente sta fermo, tutto si muove velocemente, la Terra, i pianeti, il Sole, la via Lattea, e via così, l’universo intero. Per i nostri viaggi dentro il sistema solare usiamo la nostra stella madre come riferimento, perché, rispetto ai pianeti, è ferma in punto preciso del cielo.

Una rappresentazione della sonda Voyager 1 nello spazio Interstellare.

Spieghiamo nel dettaglio questo ‘meccanismo’

Nei film di fantascienza le astronavi accelerano e “frenano” a piacere, la rotta è in linea retta, e l’energia è praticamente infinita. Sarebbe bello fosse così anche nella realtà, ma invece siamo fermi alla propulsione chimica, con rendimento microscopico in relazione alle distanze da coprire, e anche la meccanica celeste vuole la sua parte, i pianeti si spostano veloci sulle loro orbite, complicando tutto. Calcoli complessi relazionano questi movimenti per sfruttarne l’attrazione gravitazionale in favore delle nostre sonde spaziali.

Giove e la luna Io visti da Cassini. Credit: NASA

La prima accelerazione avviene al momento del lancio, poi la sonda sarà da sola, con carburante limitato per fare solo alcune correzioni di rotta. Il passaggio su di un altro pianeta, con velocità e angolo di intersezione orbitale adeguati, permette di sfruttarne la gravità a proprio favore, guadagnando velocità per potersi spingere più lontano, la sonda viene attratta dalla gravità, è chiamata fionda gravitazionale, praticamente usa questa forza come un elastico.

Traiettorie pazzesche

Nella prossima immagine si vedono i parametri orbitali di Cassini: ci vollero due flyby su Venere, una correzione di volo sempre su Venere, flyby su Giove (magnifiche foto) con “vista” su Io, per poi arrivare alla giusta velocità su Saturno. Tutto questo “girotondo” solo per essere catturata dalla sua forza di gravità: impossibile frenare con i propri mezzi, troppa energia richiesta, sarebbe praticamente la stessa che fu necessaria al lancio.

Il piano di volo di Cassini. Credit: NASA