Il nuovo film di James Cameron è un grido d’allarme contro lo sfruttamento degli oceani, nonché una riflessione sulla crisi climatica (spoiler).

Quando il primo “Avatar” arrivò al cinema, nel 2009, divenne il film di maggior incasso di tutti i tempi. Complici anche gli innovativi effetti speciali e la tecnologia in 3D, fu un vero successo di pubblico e critica, entrando perfino nel dibattito dell’Onu sui cambiamenti climatici. Oltre ad essere uno spettacolare film sci-fi, il primo “Avatar” fu anche una riflessione sulla difficile situazione delle foreste pluviali di tutto il mondo. Il sequel (La via dell’acqua) mette in mostra una tecnologia cinematografica ancor più innovativa, sempre con un occhio di riguardo ai temi ambientali. Stavolta, però, la riflessione si estende ben al di là delle foreste pluviali.

Una scena di “Avatar 2 – La via dell’acqua”. Credit: Warner Bros./Disney

La scienza di “Avatar 2”

Negli anni trascorsi fra l’uscita del primo “Avatar” e “La via dell’acqua”, il cambiamento climatico e i problemi ambientali sono diventati sempre più importanti, nel dibattito pubblico. Questo secondo film esplora argomenti che vanno dall’aggressione militare al colonialismo, dalla crisi dei rifugiati all’accettazione del diverso. Tuttavia, uno dei punti focali della pellicola è che gli esseri umani stanno distruggendo il pianeta, specialmente gli oceani.

D’altronde il regista James Cameron ha cercato per anni di mettere in guardia le persone su questi problemi. “L’oceano è diventato la toilette della civiltà umana” ha detto senza girarci intorno in un’intervista a BuzzFeed. Quando, ad esempio, il colonnello Quaritch e i suoi scagnozzi entrano nelle acque di Metkayina, buttano bombe e razzi nell’oceano senza pensarci due volte. Alcuni personaggi umani sembrano perfino divertirsi a provocare la distruzione dell’ambiente. Il grande messaggio che lancia il film è che gli esseri umani stanno distruggendo gli oceani ma non sembrano preoccuparsi troppo del danno che stanno causando.

Tra l’altro il film descrive gli oceani come belli e splendidi, almeno fino a quando non arrivano gli umani e iniziano a far saltare in aria tutto. Cameron voleva esplorare le meraviglie dell’oceano in tutta la sua bellezza, evidenziando però anche tutti i danni che gli sono stati inflitti dal comportamento umano. Il film è un’opportunità per mostrarci come potevano essere i nostri oceani 300, 400, ma anche 500 anni fa se non li avessimo rovinati con l’era industriale.

Ci si augura che tutte le persone che vedranno il film escano dalla sala un po’ più consapevoli del danno che stiamo recando al nostro ecosistema marino.

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