Il nuovo modulo di comando con cui la NASA torna sulla Luna assomiglia molto a quello dell’Apollo, ma sfrutta mezzo secolo di progresso tecnologico in più.

Nel 1969 i tre astronauti dell’Apollo 11 – Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin – partirono da Cape Canaveral su un enorme razzo Saturn V, all’interno del quale c’era il modulo di comando che li avrebbe portati sulla Luna. Sebbene la NASA non abbia ancora annunciato chi saranno i prossimi a tornare sulla Luna, sappiamo per certo che sarà compito della capsula Orion trasportare di nuovo gli esseri umani sulla superficie lunare in sicurezza. Ma che differenze ci sono fra la Orion e il modulo di comando dell’Apollo? Ve lo dico subito.

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Credit: Lockheed Martin

Cos’ha di tanto speciale questa capsula Orion

Perché assomiglia così tanto al modulo di comando dell’Apollo? Soprattutto: perché stiamo ancora pilotando veicoli spaziali a forma di capsula cinquant’anni dopo le missioni Apollo? Diciamo subito che la capsula ha la forma giusta. Si tratta di rientrare nell’atmosfera a oltre 40mila chilometri orari e le leggi della fisica non sono mai cambiate negli ultimi 50 anni. Ciò che è cambiato è la tecnologia, ma gli ingegneri dell’Apollo lo avevano capito bene la prima volta, ecco perché Orion ha l’aspetto che ha. Nel frattempo, però, è circa 30% più grande, all’interno, del modulo che venne usato per portare i primi esseri umani sulla Luna.

Questo non significa che non ci sia nulla in comune: i due veicoli utilizzano scudi termici realizzati con lo stesso composto, l’AVCOAT, una speciale resina disposta a nido d’ape che devia quanto più calore possibile lontano dal veicolo spaziale. Orion, in generale, è dotato di microprocessori e software che gli ingegneri dell’Apollo sognavano, all’epoca. Pensate che è assemblata con componenti stampati in 3D che non era nemmeno possibile immaginare, negli anni ’60. Ha gli stessi principi operativi dell’Apollo, ma sfrutta una tecnologia che al confronto lo fa sembrare primitivo.

Tra l’altro è bene ricordare che Orion è un’astronave completamente autonoma. Può eseguire ordini a distanza, proprio come le nostre sonde planetarie, cosa che non si poteva fare con il modulo dell’Apollo. Orion è in grado di andare su Marte, tanto per fare un esempio. Orion, poi, è 200mila volte più potente a livello di prestazioni di calcolo. C’è anche più spazio, all’interno, perché quando arriverà il momento, saranno quattro gli astronauti diretti sulla Luna, anziché tre come si era soliti fare durante le missioni Apollo.

Riferimenti: Autoevolution