Una nuova analisi di galassie distanti riprese dal telescopio spaziale James Webb mostra notevoli somiglianze con le “pea galaxies”, una rara classe di piccole galassie a noi vicine.

Una nuova analisi dei dati raccolti dal James Webb Space telescope delle galassie più lontane mai osservate, ha messo in relazione le informazioni raccolte con quelle di una categoria specifica di galassie che sono presenti vicino a noi. Le Pea Galaxies, dette anche “galassie pisello” o “piselli verdi”, sono state scoperte e nominate nel 2009 da volontari che hanno preso parte a Galaxy Zoo, un progetto in cui i cittadini scienziati aiutano a classificare le galassie in immagini, a partire da quelle dello Sloan Digital Sky Survey.

Questi oggetti si sono distinti come piccoli punti rotondi, irrisolti con una sfumatura decisamente verde, una conseguenza sia dei colori assegnati a diversi filtri nelle immagini composite utilizzate nelle osservazioni, sia per una proprietà delle galassie stesse.

Le Pea Galaxies

Comparazione tra una Pea Galaxy (a sinistra) ripresa durante lo Sloan Digital Survey a 170 milioni di anni luce da noi e (a destra) una galassia a 13,1 miliardi di anni luce ripresa dal James Webb. Entrambe presentano una tipica dimensione di 4000 anni luce. Credits: SDSS e NASA, ESA, CSA e STScI

I colori delle Pea sono insoliti perché una parte considerevole della loro luce proviene da nubi di gas luminose. I gas emettono luce a lunghezze d’onda specifiche, a differenza delle stelle, che producono uno spettro di colore continuo simile ad un arcobaleno.

Le galassie pisello sono anche piuttosto compatte, in genere solo circa 5.000 anni luce di diametro o circa il 5% delle dimensioni della nostra galassia, la Via Lattea. Seppur piccole, la loro attività di formazione stellare è insolitamente intensa per le loro dimensioni, quindi producono luce ultravioletta molto brillante.

Nel luglio 2022, la NASA e i suoi partner nella missione Webb hanno rilasciato l’immagine a infrarossi più profonda e nitida dell’universo distante mai vista, catturando migliaia di galassie dentro e dietro un ammasso noto come SMACS 0723. La massa dell’ammasso lo rende una lente gravitazionale, che sia ingrandisce che distorce l’aspetto delle galassie sullo sfondo.

Tra le galassie più deboli dietro l’ammasso c’erano un trio di oggetti infrarossi compatti che sembravano essere lontani parenti delle Pea. La più distante di queste tre galassie è stata ingrandita di circa 10 volte, fornendo un significativo aiuto dalla natura oltre alle capacità senza precedenti del telescopio.

L’analisi del James Webb

Un trio di oggetti catturati nell’immagine profonda del James Webb Space Telescope dell’ammasso di galassie SMACS 0723 che mostra proprietà notevolmente simili alle Pea Galaxies che si trovano molto più vicino a casa. Credits: NASA, ESA, CSA e STScI

Ma il James Webb ha fatto molto di più che visualizzare l’ammasso: il suo strumento Near-Infrared Spectrograph (NIRSpec) ha catturato anche gli spettri di alcune delle galassie presenti nella foto. Quando gli astronomi hanno esaminato queste misurazioni e le hanno corrette per l’allungamento della lunghezza d’onda risultante dall’espansione dello spazio, hanno visto le caratteristiche emesse da ossigeno, idrogeno e neon allineate in una sorprendente somiglianza con quelle viste nelle Pea Galaxies.

Inoltre, gli spettri Webb hanno permesso di misurare per la prima volta la quantità di ossigeno in queste galassie della prima era cosmica.

Quando le stelle producono energia, trasmutano elementi più leggeri come l’idrogeno e l’elio in elementi più pesanti. Dopo che le stelle sono esplose o hanno perso i loro strati esterni alla fine della loro vita, questi elementi più pesanti vengono incorporati nel gas che forma le successive generazioni stellari, e il processo continua. Nel corso della storia cosmica, le stelle hanno costantemente arricchito l’universo.

Due delle galassie riprese dal James Webb contengono ossigeno a circa il 20% del livello della nostra Via Lattea. Assomigliano moltissimo alle Pea, che tuttavia costituiscono meno dello 0,1% delle galassie vicine osservate dall’indagine Sloan.

Stiamo vedendo questi oggetti come esistevano fino a 13,1 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva circa il 5% della sua età attuale e vediamo che sono galassie giovani, ricche di giovani stelle e gas incandescente che contiene pochi prodotti chimici riciclati da stelle precedenti. E la terza galassia studiata è risultata ancora più insolita poiché contiene solo il 2% dell’ossigeno di una galassia come la nostra e potrebbe essere la galassia chimicamente più primitiva mai identificata.

Riferimenti: NASA Goddard Space Flight Center

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